Raddoppio dei termini di accertamento se sussiste obbligo di denuncia penale
Pubblicato il 15 aprile 2017
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L’agenzia delle Entrate notificava ad un curatore del fallimento di una Srl un avviso di accertamento per recuperare, con riferimento all’anno di imposta 2002, Iva indebitamente detratta in quanto relativa ad una compravendita di beni che secondo il fisco non era avvenuta.
Il contribuente si rivolgeva ai giudici di merito senza trovare appoggio. Il punto su cui poggia la lite è la sussistenza o meno della decadenza dell’ufficio tributario dall’azione di accertamento in quanto, sussistendo un’ipotesi di reato, può operare la proroga dei termini di accertamento. Il contribuente, quindi, ricorre in cassazione.
La soluzione della Cassazione
Come dispone il DPR sull’Iva, modificato dal Dl 223/06, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia per i reati previsti dal dlgs 74/2000, gli ordinari termini di decadenza per l’accertamento vengono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stato commesso il reato. Il raddoppio è applicabile dal periodo di imposta per il quale siano ancora pendenti i termini ordinari per l’accertamento al momento dell’entrata in vigore del decreto modificativo della norma.
Precisando che la Corte costituzionale, con sentenza 247/2011, ha chiarito che non si tratta di raddoppio dei termini in senso proprio bensì di un nuovo termine di decadenza, la Corte di cassazione, con sentenza n. 9670 del 14 aprile 2017, ha stabilito quanto segue:
- il raddoppio deriva dal riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale ex art. 331 cpp., indipendentemente dall’effettiva presentazione della denuncia, essendo irrilevante che l’azione penale non venga proseguita o sia intervenuta una decisione di proscioglimento, di assoluzione o di condanna.
- l’obbligo di denuncia sorge quando il pubblico ufficiale sia in grado di individuare con certezza gli elementi di un reato previsto dal Dlgs 74/2000 e ciò anche se sussistano cause di non punibilità impeditive della prosecuzione delle indagini;
- nei motivi di impugnazione può essere chiesto al giudice tributario di controllare che siano presenti i presupposti dell’obbligo di denuncia, ossia di verificare che l’amministrazione non abbia fatto uso pretestuoso e strumentale delle norme in discorso al fine di fruire del raddoppio dei termini.
Alla luce di quanto esposto e considerando che l’agenzia delle Entrate ha indicato il presupposto a cui ancorare l’operatività del raddoppio dei termini, ossia la mancanza della effettività della compravendita, la Cassazione rigetta i motivi di ricorso e considera legittimo l’avviso di accertamento oggetto di impugnazione.
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