Proroga del nuovo contratto di apprendistato per sospensione volontaria della prestazione: conversione del rapporto o slittamento del termine?

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Caia, assunta con contratto di apprendistato, comunica al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza per fruire del congedo di maternità. Al termine del periodo di sospensione obbligatorio della prestazione Caia comunica alla parte datoriale di voler esercitare il diritto all’astensione facoltativa. Il datore di lavoro, dopo aver conferito con il proprio consulente di fiducia, rappresenta a Caia che il congedo di maternità non è previsto tra le ipotesi normative che giustificano la proroga del contratto di apprendistato e che un ulteriore periodo di sospensione della prestazione non collimerebbe con il programma formativo, al punto da legittimare il recesso dal rapporto di lavoro. È corretta la soluzione prospettata a Caia?



Premessa

L’entrata in vigore del D.lgs. n. 167/11 c.d. Testo Unico dell'Apprendistato (di seguito per brevità T.U.) è stata accompagnata da un numero assai cospicuo di contributi dottrinari, implementati anche da organismi ed Enti istituzionali. Alla base vi è l’interesse ad aprire un vivace contradditorio per chiarire il portato di disposizioni riguardanti un contratto che ha assunto un ruolo centrale nelle politiche occupazionali, rappresentando non solo uno strumento di promozione dell'occupazione giovanile, ma anche un mezzo per l'integrazione tra i sistemi scuola, lavoro e formazione. La Legge n. 92/12 ha rimarcato tale funzione prevedendo, all’art. 1 comma 1 lett. b), che il contratto di apprendistato deve essere valorizzato nella prospettiva di farne la “modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. La finalità è stata infatti perseguita dalla riforma mediante l’introduzione di nuove disposizioni al T.U. e aventi a oggetto principalmente, ma non solo, l’incentivazione, mediante sgravi contributivi, per la trasformazione del contratto formativo in contratto a tempo indeterminato, con la conseguente stabilizzazione dei dipendenti ormai qualificati.

In ogni caso, per rimanere fedeli alle finalità della presente trattazione, non ripeteremo concetti o principi inerenti al nuovo modello contrattuale e ai quali peraltro è stata data, anche mediante canali telematici, ampia diffusione, ma concentreremo piuttosto l’attenzione su alcune questioni che, a giudizio degli scriventi, non appaiono di lettura lineare e che pertanto potrebbero adombrare esegesi non univoche.

La proroga del contratto di apprendistato


Il riferimento, in questa sessione, riguarda la proroga del contratto di apprendistato che, nell’attuale regime normativo, contrariamente a quello previgente, trova una specifica disciplina all’art. 2 comma 1 lett. h) del T.U., secondo il quale costituisce principio generale la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del rapporto, superiore a trenta giorni, secondo quanto previsto dai contratti collettivi.

La norma, nel recepire un indirizzo interpretativo ormai consolidato, anche in sede ministeriale, ritiene ininfluente, rispetto alla realizzazione della causa tipica del contratto, la sospensione della prestazione di durata inferiore a trenta giorni. Solo laddove tale limite venga superato, viene riconosciuta la facoltà di procrastinare la durata del contratto di apprendistato.

La disposizione utilizza il termine “trenta giorni” piuttosto che “mese” e ciò a dimostrazione che tale periodo, debba essere considerato, non in un'ottica continuativa, bensì come termine limite rispetto alla durata complessiva della fase di formazione.

Il problema semmai riguarda il fatto che la norma considera rilevanti ai fini dell’esercizio della facoltà di sospensione solo le ipotesi (peraltro ovvie) di malattia e d’infortunio. Di contro non viene fatta alcuna menzione della maternità, mentre è stato dato risalto alla formula di “altra causa di sospensione involontaria del rapporto, secondo quanto previsto dai contratti collettivi”.

Si possono così prospettare le seguenti opzioni interpretative.

L’esegesi che non comprende le sospensioni volontarie nel diritto di proroga del contratto di apprendistato


Secondo una prima interpretazione l’art. 2 comma 1
lett. h) del T.U. avrebbe natura di norma inderogabile in senso stretto e quindi la facoltà di proroga del contratto sarebbe esercitabile solo in presenza degli eventi espressamente menzionati dalla disposizione (malattia e infortunio) o in presenza di “altra causa di sospensione”, che, come la maternità, non dipendono dalla volontà delle parti. Di contro tutti gli eventi sospensivi che risultino determinati dall’esercizio di diritti soggettivi o anche potestativi delle parti, proprio in quanto originati da una libera determinazione di costoro, non potrebbero qualificarsi come “involontari” e perciò non legittimerebbero la facoltà di proroga del contratto di apprendistato.

L’espressione conclusiva della norma “secondo quanto previsto dai contratti collettivi”, sarebbe ripetitiva della regola espressa all’art. 2 comma 1 del T.U., che assegna alla contrattazione collettiva nazionale e agli accordi interconfederali di pari livello il compito di fissare le regole del contratto di apprendistato. La contrattazione collettiva avrebbe in tale senso una valenza meramente secondaria rispetto alla parte iniziale della disposizione riferita esclusivamente agli eventi sospensivi involontari. In altre parole alle fonti collettive nazionali sarebbe garantita la facoltà di regolamentare, in funzione specificativa, esclusivamente le cause sospensive non dipendenti dall’esercizio dei diritti, anche potestativi delle parti. Sicché, secondo tale assunto, ogni ipotesi di sospensione volontaria, tra cui, ad esempio, il congedo parentale, ovvero i riposi giornalieri (in origine c.d. riposi per allattamento), oppure i permessi per assistenza ai figli con handicap grave, ove abbia durata superiore ai trenta giorni, esulerebbe dal campo di applicazione della norma e non consentirebbe al datore di lavoro di prorogare il contratto di apprendistato. Con la conseguenza che se la sospensione volontaria fosse incompatibile con la realizzazione del programma formativo, il contratto di apprendistato risulterebbe irrimediabilmente pregiudicato per l’impossibilità nel realizzare la causa tipica del contratto.

In tale caso il datore di lavoro si troverebbe dinanzi alla seguenti opzioni
:

  1. tentare di concludere un accordo di prossimità aziendale ex art. 8 del D.L. n. 138/11 conv. in L. n. 148/11, derogatorio della disciplina di cui all’art. 2 comma 1 lett. h) del T.U., e finalizzato a garantire “[…] maggiore occupazione e qualità dei contratti di lavoro […]”, in una materia che, come la proroga del contratto di apprendistato, riguarda “[…] l’assunzione e disciplina del rapporto di lavoro […]”, così da annoverare anche le sospensioni volontarie tra le ipotesi che legittimano lo slittamento del termine finale della formazione;

  2. applicare l’art. 2 comma 1 let. i) del T.U. e recedere dal contratto di apprendistato per giustificato motivo;

  3. sottostare all’inevitabile conseguenza di trasformare il contratto di apprendistato in contratto ordinario per irrealizzabilità della funzione formativa. In quest’ultima ipotesi allora si aprirebbe il capitolo della responsabilità per le eventuali conseguenze scaturenti da tale trasformazione.

  • Indicazioni utili possono trarsi dalla risposta a interpello n. 34 del 2007 con cui il Ministero del Lavoro ha ritenuto che nell’ipotesi di risoluzione del rapporto di inserimento per sospensione volontaria del rapporto originata dall’esercizio di diritto potestativo del lavoratore non trova applicazione (l’ormai abrogato) sistema sanzionatorio previsto dall’art. 54 comma 3 del D.lgs. n. 276/03. Sicché, mutatis mutandis, la stessa considerazione potrebbe essere formulata anche per il contratto di apprendistato sottoposto, alla luce dell’art. 7 comma 1 del T.U., a un regime sanzionatorio sostanzialmente analogo.

  • Diversa invece l’ipotesi in cui il datore di lavoro contravvenga alla previsione contenuta nell’art. 2 comma 1 lett. h) del T.U. e, pur in presenza di una sospensione volontaria, decida comunque di prorogare il contratto apprendistato per un periodo di tempo corrispondente alla quiescenza del rapporto. In tale caso, l’atto di proroga sarebbe affetto da nullità per violazione di norma non dispositiva e il tempo di sospensione del rapporto dovrebbe essere computato nell’arco di durata naturale del contratto di apprendistato, con la conseguenza che ove in detto periodo l’obiettivo formativo non sia stato raggiunto, il contratto di apprendistato andrebbe convertito ex tunc in un ordinario contratto di lavoro. Comunque in tale caso sembrerebbe eccessivo applicare anche la sanzione di cui all’art. 7 comma 1 del T.U. se non altro perché anche la scelta del lavoratore ha concorso alla mancata realizzazione del piano formativo.


L’esegesi che comprende le sospensioni volontarie nel diritto di proroga del contratto di apprendistato


Secondo altra prospettazione esegetica, gli eventi sopra detti potrebbero essere ricompresi nella sfera di applicazione dell’art. 2 comma 1
lett. h) del T.U. e quindi ritenere che anch’essi legittimino la facoltà di proroga del contratto di apprendistato, ove si ritenga che la norma abbia natura, non inderogabile, ma cedevole alla regolamentazione pattizia, e pertanto possa essere derogata anche in melius dalla contrattazione collettiva, ovvero in mancanza di quest’ultima dalle parti del rapporto di lavoro.

Anzitutto il riferimento alle previsioni di natura collettiva espresso nella parte conclusiva dell’art. 2 comma 1 lett. h), avrebbe valore, non già ricognitivo rispetto al principio generale contenuto nell’art. 2 comma 1 del T.U., ma innovativo, in cui l’omesso riferimento ai livelli della contrattazione, contrariamente a quanto contenuto nel predetto principio, sarebbe significativo del riconoscimento generalizzato alle parti sociali, e quindi anche quelle di livello territoriale, della legittimazione a regolamentare la proroga del contratto di apprendistato, eventualmente in conformità a quanto previsto dall'Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011. Lungo tale prospettiva pare che si ponga anche il Ministero del Lavoro, che, con circolare n. 29 del 2011, ha precisato che il rinvio alla contrattazione collettiva nazionale effettuato dall’art. 2 comma 1 del T.U. non esclude che l’attuazione dei principi contenuti nella medesima disposizione possa avvenire anche mediante “accordi interconfederali di tipo territoriali eventualmente cedevoli rispetto alla contrattazione collettiva di settore.

In ogni caso, la frase “secondo quanto previsto dai contratti collettivi”, svolgerebbe un ruolo migliorativo del testo della legge, nel senso che consentirebbe alle parti sociali di dettare una declaratoria integrativa delle ipotesi sospensive, anche dipendenti dalla volontà delle parti. Deporrebbe in tale senso la circostanza che la locuzione terminologica che richiama i contratti collettivi, in quanto proposizione ulteriore, rispetto alla malattia, all’infortunio o ad altra causa sospensiva involontaria, avrebbe valenza di fonte eterointegrativa del rapporto di lavoro. Ciascuna delle preposizioni predette, in altri termini, sarebbe indipendente, ma comunque connessa logicamente in funzione migliorativa del rapporto di lavoro e annoverata secondo un criterio enumerativo che conferirebbe, per l’appunto, anche ai contratti collettivi, persino territoriali, un’autonoma qualificazione per la determinazione di ulteriori fattispecie sospensive, non necessariamente involontarie.

D’altronde, nel contesto attuale del diritto del lavoro, mosso dall’esigenza di flessibilizzare le rigidità normative mediante affidamento all’autonomia collettiva, e persino agli enti bilaterali, del potere di fissare la regola applicabile al caso concreto, la locuzione “secondo quanto previsto dai contratti collettivi […]” esprimerebbe un concetto di titolarietà delle parti sociali del diritto di determinare il contenuto del rapporto giuridico; quest’ultimo non irreggimentato dall’uniformità ipertrofica del precetto generale e astratto, ma modulato e plasmato, nel rispetto dei principi generali, in funzione del raggiungimento dei concreti interessi, cui è preordinato il vincolo contrattuale.

Solo in mancanza di fonti collettive, il datore di lavoro potrebbe disciplinare, con disposizioni di natura migliorative, la proroga del contratto di apprendistato, onde ricomprendere, tra le ipotesi che legittimano l’esercizio della facoltà de qua, anche eventi sospensivi di matrice volontaria.

La regola contrattuale, pertanto, assolverebbe una funzione di clausola di salvaguardia o se si preferisce di chiusura del sistema, nell’ambito della quale far confluire, in maniera più vantaggiosa per le parti, tutti gli eventi sospensivi, originati o meno dalla volontà delle parti.

In definitiva, secondo tale assunto la norma suonerebbe nel senso che la sospensione della prestazione di lavoro, protratta per oltre trenta giorni, legittima il datore di lavoro a prorogare il contratto di apprendistato qualora la quiescenza sia dovuta a malattia, infortunio, o qualsiasi altra causa di sospensione involontaria (tra cui la maternità) e nelle ipotesi sospensive, pure di natura volontaria, individuate dalla contrattazione collettiva, anche di livello decentrato, ovvero in mancanza di quest’ultima dalle parti del rapporto di lavoro.

Considerazioni conclusive


Alla luce di quanto sopra esposto, sebbene la prima interpretazione sia più aderente al dato letterale, la seconda soluzione, quantunque testualmente criticabile, appare più confacente agli interessi delle parti del rapporto di lavoro per le seguenti motivazioni:

  1. in primis perché apre il portato della disposizione anche a fattispecie sospensive di natura volontaria, garantendo, così, per un verso, la quiescenza e quindi la vigenza del rapporto di lavoro, per altro verso, il ruolo marginale a scelte che, come il recesso del rapporto, appaiono difficile se non proprio traumatiche. E ciò in linea con l’obiettivo dichiarato nell’art. 1 comma 1 del T.U. di fare dell’apprendistato il contratto principale per rilanciare e implementare le politiche occupazionali anche e soprattutto in favore dei giovani.

  2. in secundis giacché valorizza e responsabilizza le parti sociali, alle quali viene affidato, in adesione con lo scopo della riforma, così come espressamente dichiarato dall’art. 2 comma 1 del T.U., la regolamentazione del contratto di apprendistato.

  3. in tertiis in quanto è aderente all’idea di aumentare significativamente la flessibilità gestionale dell’impresa, mediante il riconoscimento di un consistente sostegno, testimoniato peraltro anche dall’art. 8 del D.L. n. 138 cit., alla libera contrattazione collettiva o, se del caso, individuale.

  4. in quartis poiché si pone, in ossequio al principio di certezza del diritto, su un piano di continuità con l’indirizzo interpretativo consolidato antecedentemente all’entrata in vigore del T.U., recependone in massima parte i contenuti. Per vero il pregresso orientamento, formatosi in assenza di previsioni di legge, riteneva che la proroga del contratto di apprendistato costituiva una facoltà esercitabile, secondo le previsioni collettive, o in mancanza di queste ultime dal datore di lavoro, in relazione a eventi sospensivi anche volontari, sempre che gli stessi avessero avuto durata superiore a trenta giorni. Tale orientamento è stato espresso del Ministero del Lavoro con risposte a interpelli n. 17/2007 e n. 34/2010, dall’INPS con messaggio n. 6827 del 9 marzo 2010 e dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 20357 del 28 settembre 2010. A tale orientamento si era allineata anche la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro con parere n. 9 del 2011.


Il caso concreto


Sulla base delle considerazione ut supra menzionate e in attesa di specifiche istruzioni ministeriali, possono trarsi le seguenti considerazioni applicabili al caso di specie, in cui Caia, assunta con contratto di apprendistato, ha comunicato al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza al fine di fruire del congedo di maternità. Al termine del periodo di sospensione obbligatoria della prestazione Caia ha comunicato alla parte datoriale di voler esercitare il diritto all’astensione facoltativa. Il datore di lavoro, dopo aver conferito con il proprio consulente di fiducia, ha rappresentato a Caia che il congedo di maternità non era previsto tra le ipotesi normative che giustificano la proroga del contratto di apprendistato e che un eventuale ulteriore periodo di sospensione della prestazione, in quanto non compatibile con il programma formativo, avrebbe legittimato l’eventuale recesso dal contratto di apprendistato.

La soluzione ipotizzata dalla parte datoriale può considerasi aderente a un’interpretazione restrittiva dell’art. 2 comma 1 lett. h) del T.U., giacché esclude qualsiasi evento sospensivo natura volontaria, qual è quello in esame (perché originato dall’esercizio di un diritto potestativo di Caia), tra le fattispecie che legittimano la proroga del contratto. E non riconosce, né alle fonti collettive, neanche nazionali, né alle parti del rapporto di lavoro, la facoltà di arricchire la disciplina normativa, mediante l’introduzione di nuove ipotesi sospensive di matrice anche volontaria.

Tale soluzione tuttavia non appare completa e del tutto soddisfacente per le parti del rapporto di lavoro.

Più opportuno sarebbe stato condurre un’analisi preliminare sul contenuto del contratto collettivo applicato dall’impresa, onde verificare se tale contratto prevedesse, ai fini dell’esercizio della proroga del rapporto di apprendistato, ulteriori cause di sospensione, anche volontarie, rispetto a quelle individuate normativamente dall’art. 2 comma 1 lett. h) del T.U..

Ove poi tale ricerca avesse dato esito negativo sarebbe stato preferibile per il datore di lavoro sollecitare la conclusione di accordi, anche aziendali, volti a implementare le fattispecie sospensive legittimanti la proroga al fine di includervi anche eventi come quelli concernenti il caso di specie.

Né quale ipotesi ultima sarebbe stata da escludere la percorribilità di un accordo di prossimità aziendale, ex art. 8 del D.L. n. 138 cit. avente a oggetto, in funzione promozionale dell’occupazione, una regolamentazione più compiuta della proroga del contratto di apprendistato, in quanto materia attinente all’assunzione e disciplina del rapporto di lavoro.


NOTE

i A titolo esemplificativo il sito http://www.dplmodena.it/ ha dedicato al “nuovo” contratto di apprendistato un’intera sezione, nella quale, in verità, si riscontrano contributi non sempre originali, spesso compilativi della prassi istituzionale e che peraltro corrono il rischio di apparire non coerenti con il portato letterale delle disposizioni contenute nel T.U. n. 167/11.

ii La soluzione esegetica che esclude comunque le sospensioni volontarie dalla prestazione dal novero degli eventi che legittimano la proroga del contratto di apprendistato pare riconducibile anche al pensiero di autorevole dottrina (cfr. E. Massi in http://www.dplmodena.it/massi/NUOVO%20APPRENDISTATO%20-%20Massi.pdf), la quale, tuttavia, se giustamente ricomprende la maternità tra le cause di sospensione involontaria, non spiega, senza cadere in contraddizione, perché la proroga sarebbe esercitabile anche nel caso di congedo facoltativo, quando secondo manualistica corrente, quest’ultima ipotesi costituisce espressione di un diritto potestativo del lavoratore.

iii L’elenco comprende anche i congedi per le malattie del figlio e ancora dall’espletamento del servizio civile, ovvero dalla fruizione di aspettative e permessi per funzioni pubbliche elettive, o ancora per motivi di studio.

iv Secondo il Ministero, in osservanza del principio di effettività e dell’eventuale disciplina collettiva di qualsiasi livello applicata dall’impresa, ove si determinino sospensioni della prestazione uguali o superiori al mese, il contratto di apprendistato andrebbe prorogato, per un periodo pari all’assenza della prestazione lavorativa. Diversamente ove non vi sia una specifica disciplina contrattuale, la valutazione, in ordine alla incidenza del periodo di assenza sulla realizzazione del piano formativo, andrà effettuata caso per caso dall’impresa medesima, con la conseguenza che nell’ipotesi in cui il periodo di assenza dell’apprendista non comprometta il raggiungimento dell’obiettivo formativo non vi sarebbe alcuna necessità di prorogare il contratto di apprendistato.

v Dal canto suo l’istituto previdenziale ha ritenuto che i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro (rispettivamente congedo di maternità e parentale, ai sensi del T.U. di cui al D.lgs. n. 151/2001) non debbano computarsi ai fini della durata del rapporto di apprendistato, il quale subisce, nei predetti casi indicati, uno slittamento, di durata pari a quella della sospensione in questione, con consequenziale allungamento dell’obbligazione contributiva.

vi Con sentenza n. 20357 del 28 settembre 2010 i Giudici di Palazzo Cavour hanno statuito che il contratto di apprendistato, per la sua specifica finalità formativa, non può ricomprendere periodi consistenti di inattività e che impediscano il completamento del percorso di apprendimento e qualificazione. Con la conseguenza che, in tali ipotesi, devono escludersi dal computo del periodo di apprendistato assenze prolungate, come quelle per l'espletamento del servizio militare o per malattie di consistente durata. Da tale premessa la Corte ne ha tratto la conseguenza che “[…] il datore di lavoro che, a causa di un’assenza del lavoratore ritenga di detrarre il relativo periodo dall’apprendistato, spostando la scadenza convenuta ad altra data, ha l'obbligo di comunicare al lavoratore, prima della scadenza, lo spostamento del termine finale, spiegando le ragioni e indicando la nuova scadenza o il periodo che deve essere detratto”.

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