Proprietà intellettuale e informazione web. Questione Tar inammissibile

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Proprietà intellettuale e informazione web. Questione Tar inammissibile

Con sentenza n. 247 del 3 dicembre 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 5, comma 1, 14, comma 3, 15, comma 2, e 16, comma 3, del Decreto legislativo n. 70/2003 – attuativo della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico - e dell’articolo 32-bis, comma 3, del Decreto legislativo n. 177/2005 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), sollevate dal Tar del Lazio con riferimento agli articoli 2, 21, 24, 25, primo comma, e 41 della Costituzione.

Censurato il potere dell’Agcom di limitare la libera circolazione dei servizi di informazione

Nel dettaglio, le norme censurate dai giudici amministrativi sono quelle disposizioni, contenute nella normativa citata, che consentono all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), nella qualità di autorità amministrativa di vigilanza, di limitare la libera circolazione di un “servizio della società dell’informazione” e, in particolare, di intervenire anche in via d’urgenza su attività quali il trasporto o la memorizzazione di informazioni, con possibilità anche di emanare disposizioni regolamentari “necessarie” per rendere effettiva l’osservanza dei diritti di proprietà intellettuale da parte dei prestatori di servizi sulle reti di comunicazione elettronica.

Rilievi di costituzionalità

Secondo il tribunale laziale queste previsioni si porrebbero in contrasto con i princìpi di riserva di legge e di tutela giurisdizionale in relazione all’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero e di iniziativa economica, (articoli 2, 21, primo e sesto comma, 24 e 41 della Costituzione) e i criteri di ragionevolezza e proporzionalità nell’esercizio della discrezionalità legislativa.

Violati – a detta del Tar – anche gli articoli 21, commi 2 e seguenti, 24 e 25, comma 1, della Carta costituzionale con riferimento al principio del giudice naturale, per l’assenza di una previsione di garanzie e di tutele giurisdizionali per l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero sulla rete.

Petitum “oscuro”, precluso l'esame nel merito

La Consulta, non aderendo a dette doglianze, ha ritenuto inammissibili le questioni sollevate rilevando, in esse, la presenza di “molteplici profili di contraddittorietà, ambiguità e oscurità nella formulazione della motivazione e del petitum”.

Infatti, secondo la Corte, l’ordinanza dell’organo rimettente non chiarisce sufficientemente se intende ottenere una pronuncia ablativa o una pronuncia additivo-manipolativa.

E ciò, come ricordato per costante giurisprudenza, preclude l’esame nel merito della questione determinandone l’inammissibilità.

Potere regolamentare desunto interpretativamente dal Tar

Nel testo della sentenza viene, in ogni caso, precisato come le disposizioni censurate non attribuiscano espressamente all’Agcom un potere regolamentare in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, per come desunto implicitamente e in via interpretativa dallo stesso rimettente, in base ad una lettura congiunta di tutte le disposizioni impugnate.

E difatti viene precisato “nessuna delle disposizioni impugnate, in sé considerata, dispone specificamente l’attribuzione all’autorità di vigilanza di un potere regolamentare qual è quello esercitato con l’approvazione del regolamento impugnato nei due giudizi davanti al Tar. Esso è desunto dal giudice a quo, in forza di una lettura congiunta delle previsioni sopra esaminate, che non risulta coerentemente o comunque adeguatamente argomentata”.

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