Prezzi di trasferimento, onere della prova al Fisco
Pubblicato il 19 ottobre 2006
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La decisione di legittimità 22023, depositata in data 13 ottobre 2006, blocca in questo modo – aiutandosi con fonti internazionali quale di Vienna del 1980, alla cui disciplina (non già alle regole codicistiche nazionali) sottopone le vendite intercorse tra una società italiana e le consociate estere - il contenzioso tra un’impresa del settore automobilistico e il Fisco: in materia di transfer pricing, al contribuente non spetta di provare la correttezza dei prezzi di trasferimento; è, anzi, tenuta l’Amministrazione finanziaria a dimostrare il mancato rispetto del principio del valore normale.
L’articolo 76, comma 5, del Tuir fa soggiacere i componenti di reddito derivanti dai rapporti tra soggetti residenti e società non residenti nello Stato, uniti da legami di controllo, alla valutazione secondo il valore normale, che, per l’articolo 9 del Testo unico, è dato dal prezzo mediamente praticato per i beni o i servizi delle stesse specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e allo stesso stadio di commercializzazione. rievoca le direttive dell’Ocse, che a proposito di transfer pricing – Rapporto 1995, rubricato “Transfer Pricing Guidelines for Multinational Enterprises and Tax Administrations” - ha sostenuto che nei Paesi nei quali è il Fisco a dover provare le pretese sul contribuente, questi non è altrettanto tenuto alla dimostrazione della correttezza dei prezzi di trasferimento.
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