Plusvalenza immobiliare Presunzione maggior corrispettivo
Pubblicato il 02 agosto 2016
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L’articolo 5, comma 3, del Dgs 147/2015 sancisce che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l'esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell'imposta di registro o delle imposte ipotecarie e catastali.
Il chiarimento normativo si è reso necessario perchè, sia nella prassi dell'Agenzia delle Entrate che nelle pronunce della Suprema Corte, si era radicata l'idea che - nell'ambito delle imposte dirette per la tassazione delle plusvalenze sia in regime d’impresa che al di fuori di esso e nell’ambito Irap per la determinazione del valore della produzione - si potesse assumere quale eventuale “maggiore” corrispettivo rispetto a quello enunciato in atto dalle parti il valore dichiarato, accertato o definito ai fini delle imposte indirette dovute in relazione all'atto di cessione (imposta di registro e nel caso imposte ipocatastali).
Tali prassi contrastava però con gli scarni dati normativi esistenti, che di fatto non autorizzavano un'operazione di questo tipo.
Il Consiglio Nazionale del Notariato, nello studio n. 102-2016/T, ha approfondito la problematica alla luce delle nuove disposizioni legislative, espressamente considerate norma di natura interpretativa, con distinto riferimento alle cessioni immobiliari e a quelle aziendali (e ai correlativi atti di trasferimento o costituzione di diritti reali).
Notariato: cessioni di immobili e aziende
Il Consiglio del Notariato, nello studio in oggetto, sottolinea come la nuova norma di cui al Dlgs 147/2015 (art. 5, comma 3), in riferimento alle cessioni di immobili e di aziende, si incentra sulla irrilevanza, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, del valore dei beni ceduti anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro o delle imposte ipotecaria e catastale.
La formulazione adottata dal legislatore, infatti, è da considerare categorica e altamente esplicativa dell’intenzione di rendere impossibile l’utilizzazione degli stessi elementi valutativi nell’ambito di imposte con criteri e presupposti impositivi affatto diversi tra di loro.
Ne deriva che il riferimento al valore del bene oggetto di trasferimento non può essere più considerato come l'unico elemento in base al quale possa maturare una presunzione di maggiore corrispettivo rilevante ai fini delle imposte sui redditi e dell'Irap. Per formare una situazione qualificabile come presunzione grave, precisa e concordante occorre sempre il concorso di altri elementi probatori o valutativi.
Ciò non vuol dire, però, che l’accertamento ai fini dell’imposta di registro non possa avere rilevanza nel campo delle imposte sui redditi, ma semplicemente si tratta di una rilevanza che, di per sé, non può essere considerata sufficiente.
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