Pluralità di contratti collettivi, maggiore rappresentatività va dimostrata

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Pluralità di contratti collettivi, maggiore rappresentatività va dimostrata

L’INPS non può richiedere al datore di lavoro maggiori contributi per lavoratori dipendenti rispetto a quelli già versati, quantificandoli sulla base di un CCNL, diverso da quello applicato dal datore, sull’assunto di una maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali che lo hanno stipulato, senza però dimostrarla.

La maggiore rappresentatività, infatti, non è un fatto notorio, trattandosi, peraltro, di un dato che può anche variare nel corso del tempo.

Maggiori contributi da altro CCNL? A INPS la prova di maggiore rappresentatività

Sono queste le considerazioni sulla cui base il Tribunale ordinario di Pavia, con sentenza n. 80 del 26 febbraio 2019, ha accolto l’opposizione avanzata dal titolare di una ditta individuale contro un avviso di addebito che gli era stato notificato dall’INPS a titolo di contributi gestione lavoratori dipendenti asseritamente dovuti in favore di due lavoratori.

Nel caso esaminato, il datore di lavoro aveva applicato ai due dipendenti il CCNL siglato dalla SNA e dalla CONFSAL/FESICA e CONFSAL/FISALS; secondo gli Ispettori dell’Istituto previdenziale, tuttavia, così facendo lo stesso aveva assunto, come base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali, retribuzioni inferiori a quelle previste dalle norme di legge.

L’INPS aveva quindi quantificato i contributi dovuti calcolandoli sulla base del CCNL ANAPA UNAPASS - ossia un diverso CCNL che riguardava lo stesso settore - al netto di quanto già versato, ritenendo che le OO.SS. che avevano stipulato quest’ultimo contratto collettivo fossero quelle maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Pluralità di contratti, quale retribuzione come base di calcolo?

L’Istituto previdenziale, ossia, aveva chiesto una maggiore contribuzione sulla base della previsione di cui all’articolo 1 del convertito Decreto legge n. 338/1989, per come autenticamente interpretato dall’articolo 2, comma 25, della Legge n. 549/1995, ai sensi del quale, in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria.

Trattamenti economici minimi vincolanti

Nella propria decisione, il giudice di merito ha, in primo luogo, ricordato come anche la giurisprudenza di legittimità, sul punto, abbia affermato il consolidato principio di diritto secondo cui l'importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all'importo di quella che ai lavoratori di un determinato settore sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (cosiddetto minimale contributivo).

In detto contesto, non sarebbe però configurabile un’efficacia "erga omnes" dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più "comparativamente rappresentative", in quanto solo i trattamenti economici minimi devono essere il riferimento per la determinazione della retribuzione.

Maggiore rappresentatività: non è fatto notorio, va dimostrata

Fatte queste premesse, il Tribunale ha poi precisato come la maggiore o minore rappresentatività vada riferita non al contratto collettivo ma alle OO.SS. che lo hanno stipulato.

E spetta all'INPS, nei casi come quello esaminato, dimostrare la maggiore rappresentatività su base nazionale delle organizzazioni sindacali stipulanti il contratto collettivo, sulle cui retribuzioni l’Ente pretende di commisurare i contributi previdenziali, posto che tale maggiore rappresentatività non costituisce un fatto notorio, ma si tratta di un dato che può anche variare.

Avviso di addebito annullato

Orbene, nel caso di specie, la maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali che avevano stipulato il CCNL richiamato dall’Istituto previdenziale non era stata dimostrata e, anzi, in concreto era fuori discussione la maggiore rappresentatività, quantomeno in termini di imprese associate, delle OO.SS. che per parte datoriale avevano stipulato il CCNL invocato dalla ditta individuale ricorrente (cosiddetto CCNL SNA).

Rispetto, poi, a quanto riguardava le OO.SS. dei lavoratori, l’organo giudicante ha ritenuto che non si potesse sicuramente accedere alla tesi del “fatto notorio” per affermare la maggiore rappresentatività del CCNL a cui aveva fatto riferimento l’INPS.

A ben vedere, infatti, anche lo stesso ministero del Lavoro, con decreto n. 14280/2014, aveva annoverato la CONFSAL, che aveva stipulato il CCNL applicato dal datore, tra le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

Per questi motivi l’avviso di addebito INPS è stato annullato, con compensazione integrale delle spese di lite.

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