Per violazione dei criteri di competenza escluso il reato di dichiarazione infedele
Pubblicato il 21 giugno 2017
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Con l’avvento della riforma del Dlgs 158/15, l’imputazione di costi e ricavi in violazione dei criteri di competenza non integra più il reato di dichiarazione infedele e da ciò consegue la revoca della sentenza di condanna per intervenuta depenalizzazione.
Ciò è quanto affermato nella sentenza n. 30686 del 20 giugno 2017 pronunciata dalla Corte di cassazione, sezione penale.
Un amministratore di una società era stato condannato in via definitiva per dichiarazione infedele (articolo 4, decreto legislativo 74/2000), per aver violato i principi di inerenza e corrispondenza dei costi e dei ricavi dell’esercizio di competenza, apportando un vantaggio fiscale dovuto ad uno sgravio previsto per l’anno 2003, cui erano stati imputati ricavi e costi da attribuire, invece, all’annualità 2004.
Ma sulla base della intervenuta riforma – Dlgs 158/2015 - è stata depenalizzata, con riferimento al reato di dichiarazione infedele, l’adozione di annotazioni contabili eseguite in violazione dei criteri di inerenza e determinazione dell’esercizio di competenza.
Ma il giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta di revoca ritenendo, tra l’altro, che la condotta dell’amministratore fosse connotata da fraudolenza.
I giudici di cassazione ricordano che il giudice dell’esecuzione, a seguito di richiesta di revoca della condanna, deve confrontare la struttura della vecchia incriminazione rispetto alla nuova, per poi valutare se il fatto contestato e riconosciuto in sentenza, avesse rilevanza penale, senza poter rivedere il giudizio di merito o disporre nuovi accertamenti.
Deve ritenersi fondata la domanda del ricorrente: infatti è stata ridisegnata la fattispecie del delitto in questione, e non viene tenuto conto delle violazioni dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza.
Si è di fronte quindi ad un giudicato di condanna che una legge successiva non prevede più come reato e quindi il giudicato deve considerarsi travolto dall’abolitio criminis.
Va quindi revocata la sentenza emessa perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
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