Per i termini è determinante il rito adottato dal giudice, anche se inesatto

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A prescindere dalla sua esattezza, il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della controversia andando a costituire il criterio di riferimento per le parti.

E' quanto sottolineato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 22738 del 9 novembre 2010 pronunciata con riferimento ad una vicenda in cui un amministratore unico di una srl aveva ottenuto dal tribunale l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti della ex società per il pagamento dei compensi non pagati. La srl si era opposta con ordinario atto di citazione che, però, era stato respinto dai giudici di primo grado sull'assunto che l'opposizione doveva seguire l'iter del processo del lavoro stante la competenza del giudice del lavoro in materia di controversie inerenti i compensi vantati dagli amministratori e, pertanto, doveva ritenersi tardiva in considerazione dei termini previsti per tale rito.

I giudici di gravame, a cui poi la Cassazione si è uniformata, hanno capovolto detta ultima decisione evidenziando come nel ricorso per decreto ingiuntivo non era contenuto alcun riferimento esplicito al rito del lavoro; inoltre, il decreto stesso era stato emesso dal tribunale ordinario. Ne derivava che l'opponente aveva correttamente proposto opposizione con rito ordinario e nel rispetto, quindi, dei relativi termini previsti.
Anche in
  • Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 39 - Termini di impugnazione decisi dal rito scelto nella causa - Fava

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