Pensioni in totalizzazione: è l'INPS che effettua il pagamento
Pubblicato il 11 settembre 2023
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Il diritto del professionista alla pensione di anzianità in totalizzazione deve essere dichiarato, non nei confronti della Cassa professionale, ma solo nei confronti dell'INPS: è quest'ultimo Istituto, ai sensi della disciplina applicabile, l'unico Ente obbligato al pagamento della relativa prestazione.
E' quanto ribadito dalla Cassazione nel testo dell'ordinanza n. 25810 del 5 settembre 2023, nel richiamare quanto previsto dall'art. 5 del D. Lgs. n. 42/2006, in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi.
Pensione di anzianità in totalizzazione: chi paga?
Ai sensi della predetta disposizione, l’onere dei trattamenti è a carico delle singole gestioni, ciascuna in relazione alla propria quota, ma il pagamento degli importi liquidati è effettuato dall’INPS, che stipula con gli enti interessati apposite convenzioni.
A seguito delle modifiche alla norma introdotte dal Dl n. 78/2010 - ha ricordato, altresì, la Corte - l’accesso alla pensione di anzianità in totalizzazione è possibile solo decorsi 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti prescritti.
Per le pensioni in totalizzazione, infatti, trovano applicazione le decorrenze previste per i trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, che prevedono il differimento della decorrenza di 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti.
Nella vicenda specificamente esaminata - avente ad oggetto la domanda di pensione in totalizzazione avanzata da un commercialista - la sentenza di merito oggetto di impugnazione aveva violato la richiamata disciplina, avendo dichiarato nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza in favore dei Dottori Commercialisti, e non dell’INPS, il diritto al riconoscimento della pensione di anzianità in totalizzazione del richiedente, previo effettivo versamento all’INPS dei contributi volontari necessari al raggiungimento del periodo minimo contributivo di 40 anni.
Prosecuzione volontaria della contribuzione, presupposti
Il Collegio di legittimità, sul punto, ha ritenuto fondato il motivo di ricorso presentato dall'Ente previdenziale dei commercialisti, oppostosi alla decisione di merito anche sul fonte della ritenuta violazione della normativa in materia di prosecuzione volontaria della contribuzione, nonché di principi di rango costituzionale, artt. 3 e 38, Cost.
A tale proposito, gli Ermellini hanno evidenziato che, nella specie, il professionista aveva avanzato richiesta di essere ammesso alla ripresa dei versamenti, ben 35 anni dopo il versamento dell’ultimo contributo volontario.
Ebbene, secondo la Cassazione, lo stesso, per essere effettivamente legittimato alla ripresa dei versamenti volontari, avrebbe dovuto essere in possesso, nel quinquennio antecedente alla domanda, di uno dei requisiti di effettiva contribuzione, anche non continuativa, requisiti della cui allegazione e dimostrazione egli era onerato.
Come ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, laddove un soggetto abbia deciso di sospendere autonomamente i versamenti volontari, egli, per poter legittimamente riprendere i versamenti contributivi, deve essere in possesso, nel quinquennio precedente la data di ripresa dei pagamenti, dei requisiti di effettiva contribuzione previsti dalla disciplina applicabile in quel momento.
Anche su tale punto, quindi, la sentenza impugnata andava cassata con rinvio, rendendosi necessario un nuovo accertamento in fatto.
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