Patto commissorio, indici rivelatori e configurabilità del divieto
Pubblicato il 20 giugno 2022
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Il divieto del patto commissorio non è configurabile se il trasferimento avviene allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto.
Va, inoltre, esclusa la violazione del divieto del patto commissorio nelle ipotesi in cui manchi l'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito che viene a contrarre.
Il divieto di tale patto non è applicabile, poi, laddove la titolarità del bene passi all'acquirente con l'obbligo di ritrasferimento al venditore se costui provvederà all'esatto adempimento.
E ancora: "l’anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale sicché non è configurabile tale figura contrattuale nell’ipotesi in cui non sia previsto che i frutti derivanti dal godimento del bene concorrano ad estinguere il debito”.
Sono questi i principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione, Seconda sezione civile, con sentenza n. 19694 del 17 giugno 2022, pronunciata in materia di divieto del patto commissorio, di cui all'art. 2744 del Codice civile.
Disposizione, quest'ultima, che letteralmente prevede: "È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno".
La decisione è stata assunta in ordine ad una causa civile dove si controverteva rispetto ad una complessa operazione immobiliare.
Alla Corte spettava di verificare la corretta applicazione degli artt. 1963 e 2744 c.c., ovvero la sussunzione dei fatti accertati dal giudice di merito nello schema del patto commissorio, secondo gli indici elaborati dalla giurisprudenza di legittimità.
A tal fine, la Cassazione ha ritenuto opportuno richiamare gli elementi costitutivi del patto commissorio e il fondamento del suo divieto.
Nella corposa disamina, il Collegio di legittimità ha ricordato come, nel tempo, la portata dell’art. 2744 c.c. sia stata ampliata e sia stato sanzionato con la nullità qualsiasi strumento pattizio in grado di raggiungere il risultato vietato dall’ordinamento, sia in modo diretto che in forme elusive.
L’ampliamento della latitudine del divieto, tuttavia, non è stato esente da critiche da parte della dottrina e ciò per l’intrinseca difficoltà di tratteggiarne i confini, unita alla constatazione del diffondersi di contratti, anche di derivazione comunitaria che prevedono, accanto alla causa di scambio, anche la causa di garanzia.
Indici che portano ad escludere il patto commissorio
Recentemente - ha poi rammentato la Corte - la giurisprudenza ha enucleato, ai fini dell’esclusione del patto commissorio, alcuni fattori, quali:
- la preesistenza o la contestualità del debito;
- l’assenza dell’illecita coercizione del debitore al trasferimento del bene;
- la proporzione tra il valore del bene ed il prezzo;
- la circostanza che il venditore non rimanga nel godimento dell’immobile e l’obbligo di ritrasferimento al medesimo prezzo originariamente pagato.
Per la Cassazione, tali elementi non devono necessariamente essere "compresenti" nell’ambito dell’operazione contrattuale ma devono essere esaminati dal giudice di merito al fine di valutare se la causa concreta del contratto - che può essere di scambio con profili di garanzia - sia meritevole di tutela.
Nel caso di specie, tuttavia, la Corte distrettuale aveva falsamente applicato l’art. 2744 c.c. senza procedere con la valutazione degli indici rivelatori dell’esistenza del patto commissorio.
Da qui la cassazione della sentenza, con rinvio della causa alla Corte d’appello, la quale nella sua decisione dovrà attenersi ai principi di diritto sopra richiamati.
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