Parentela tra de cuius e rappresentanti. Niente franchigia
Pubblicato il 13 febbraio 2010
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Nella risoluzione 8, del 12 febbraio 2010, è stato chiesto di conoscere il trattamento da riservare, ai fini dell’imposta sulle successioni, alle devoluzioni attribuite al chiamato all’eredità per rappresentazione in base all’articolo 467 e seguenti del Codice civile.
Risponde l’Amministrazione finanziaria che se gli eredi sono, per effetto della rappresentazione, figli di un fratello premorto del defunto, l’imposta di successione si calcola non sul rapporto di parentela tra de cuius e rappresentato ma sul rapporto di parentela tra il defunto e gli eredi rappresentanti, sebbene questi, sotto il profilo civilistico, subentrino nel luogo e nel grado dell’ascendente. Stando così le cose, la reintroduzione dell’imposta di successione (decreto-legge n. 262 del 2006), ha comportato modifiche alle aliquote applicabili in precedenza, nonché sostanziali novità al sistema delle franchigie. La legge finanziaria per il 2007 ha, a sua volta, introdotto una franchigia di 1.500.000 euro in favore dei beneficiari che siano portatori di handicap, riconosciuto grave ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, a prescindere dal legame di parentela intercorrente con il dante causa. Nei limiti di tali franchigie è esclusa l’applicazione dell’imposta di successione.
Afferma ancora la risoluzione delle Entrate che per costante giurisprudenza di legittimità la disciplina civilistica di un istituto è applicabile al campo tributario qualora l’ordinamento tributario non disciplini autonomamente la materia con proprie norme, anche se derogatorie rispetto a quelle civilistiche. La disciplina autonoma c’è: l’articolo 2, comma 48, del decreto-legge n. 262 del 2006, che regola compiutamente i criteri per l’applicazione e la determinazione di tale imposta, fissando aliquote e franchigie differenti a seconda del rapporto di parentela intercorrente tra il de cuius e il beneficiario. In particolare, in base alla predetta disposizione, il trattamento tributario è condizionato dal rapporto naturale (parentela o coniugio) esistente tra il de cuius e il beneficiario, indipendentemente dal titolo della chiamata all’eredità. Al rappresentante verrà eventualmente riconosciuta la franchigia (per intero) in base al suo rapporto di parentela con il de cuius. Ma nel caso di specie, considerato il rapporto di parentela tra il de cuius e i soggetti rappresentanti, non può essere riconosciuta alcuna franchigia, in quanto non trova applicazione la disposizione richiamata di cui all’articolo 2, comma 48, lettera a-bis), del decreto legge n. 262 del 2006.
- ItaliaOggi, p. 23 – Successioni, franchigia incedibile – Rosati
- Il Sole 24 Ore, p. 25 – “Rappresentazione” senza benefici ampi – A. Bu.
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