Pa rinuncia al finanziamento? Al professionista spetta il compenso

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Pa rinuncia al finanziamento? Al professionista spetta il compenso

La Corte di cassazione ha accolto il ricorso promosso da un professionista contro la decisione con cui, in sede di merito, gli era stato negato il diritto al compenso da parte della PA per l’attività professionale svolta.

Nella vicenda esaminata, le parti avevano sottoscritto un contratto nel quale era contemplata una clausola per effetto della quale al professionista non sarebbe stato corrisposto alcun compenso nel caso in cui l’Ente locale non avesse fruito dei finanziamenti europei.

Poiché, poi, questa condizione sospensiva cui era subordinato il pagamento del compenso non si era avverata, i giudici di primo e secondo grado avevano reputato che nulla fosse dovuto al prestatore.

Condizione rinunciata, compenso dovuto

Quest’ultimo aveva presentato ricorso in cassazione, lamentando la violazione e l’erronea applicazione dell’articolo 1359 c.c., ai sensi del quale "La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa".

Secondo il ricorrente, ossia, la condizione non si era avverata per fatto imputabile alla parte controinteressata, che vi aveva rinunciato, e per questo egli aveva comunque diritto al pagamento delle sue prestazioni.

La Suprema corte, con sentenza n. 18031 del 28 agosto 2020, dopo aver ricordato come l’interpretazione di un atto negoziale costituisca tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se non nelle ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, ha dato comunque ragione al professionista, accogliendo il suo ricorso entro precisi limiti.

Per gli Ermellini, pur volendo reputare che la clausola in esame, per come sostenuto nel merito, avesse carattere bilaterale - con esclusione, quindi, della possibilità di invocare la previsione del menzionato art. 1359 c.c. - ciò che rilevava, nella specie, non era tanto la condotta omissiva della PA, quanto la rinuncia della stessa ad un finanziamento già concesso.

Una condotta, quest’ultima, intervenuta quando la condizione cui le parti avevano subordinato il diritto al compenso, si era ormai avverata.

La decisione impugnata, ciò posto, doveva essere cassata, atteso che, indipendentemente dalla finzione dell’avveramento - visto che i finanziamenti erano stati erogati e poi rinunciati - l’evento condizionante risultava essersi avverato e, quindi, la condotta del Comune implicava una rinuncia alla condizione, possibile solo in caso di condizione unilaterale ed esclusa ove la clausola abbia, come sostenuto, carattere bilaterale.

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