È onere del contribuente dimostrare che il prelievo bancario sia riconducibile all’attività d’impresa
Autore: Roberta Moscioni
Pubblicato il 11 febbraio 2013
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A seguito di alcune indagini finanziarie effettuate sui conti correnti dei soci di una società di persone, è scaturito un accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, che contestava i ricavi in nero alla luce sia dei versamenti non giustificati che dei prelievi effettuati sul conto corrente.
Sia la società che i soci hanno, però, impugnato l’avviso, in primo e in secondo grado di giudizio, con la conseguenza che ne sono derivati due appelli: uno proposto dal Fisco per il riconoscimento dei prelevamenti e uno proposto dalla società e dai soci per l’annullamento della pretesa relativa ai versamenti.
La Ctr Lombardia, con la sentenza 1/32/2013, ha confermato il giudizio di primo grado che già aveva ritenuto fondata la pretesa solo per i versamenti. In più, la Commissione regionale, richiamando quanto più volte confermato dalla Corte di Cassazione, ribadisce che i prelevamenti e i versamenti operati sui conti correnti bancari devono essere imputati ai ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa se il contribuente non fornisce la prova di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile. Per la Commissione regionale, però, la legittimità di questa presunzione non può essere svincolata da valutazioni inerenti all’onere della prova.
Pertanto – secondo la sentenza 1/32/2013 – non è scontata la riconducibilità dei prelievi bancari effettuati dal socio sul conto corrente personale a ricavi in nero: per dimostrarla è necessaria una prova aggiuntiva, che è sicuramente sempre a carico del contribuente.
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