Omissione contributi INPS e regolarizzazione
Pubblicato il 04 febbraio 2021
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Cosa può fare il lavoratore nel caso in cui il suo datore di lavoro non versa i contributi previdenziali? Quando l’INPS deve regolarizzare la posizione assicurativa dei dipendenti se il datore di lavoro è inadempiente? E' il tema oggetto della ordinanza della Corte di Cassazione, sez. Lavoro, n. 2164/21, depositata il 1° febbraio 2021.
Contributi omessi e regolarizzazione contributiva, il caso
Un lavoratore adisce il giudice di merito ricorrendo contro l'INPS per ottenere la regolarizzazione della propria posizione assicurativa, con accredito dei contributi non pagati dalla datrice di lavoro per il periodo di lavoro svolto presso la medesima.
Avverso la sentenza di primo grado, di rigetto della domanda, il lavoratore propone impugnazione presso la Corte d'appello che accoglie il ricorso ritenendo provata la sussistenza del rapporto di lavoro nel periodo contestato e accertando il diritto del lavoratore alla regolarizzazione della propria posizione assicurativa con accredito dei contributi non versati dal datore di lavoro, in base a quanto disposto dall'art. 2116 c.c
Avverso tale sentenza ricorre l'INPS e resiste, con controricorso, il lavoratore.
INPS garante della regolarità contributiva; la questione di diritto
La Corte di Cassazione ritiene fondato il primo motivo di ricorso addotto dall'INPS in merito all'erronea applicazione dell'art. 2116 c.c.
Il giudice di legittimità ricorda che la sentenza oggetto di impugnazione ha ritenuto, nella sostanza, l'INPS garante della regolarità della posizione contributiva della lavoratrice in base al cd. principio di automaticità delle prestazioni ex art. 2116 c.c, e secondo l'interpretazione fornita dalla sentenza di Cassazione n. 5767 del 2002.
Al riguardo si rileva che il lavoratore, per effetto delle disposizioni di cui alla legge n. 153 del 1969, art. 39 e legge n. 467 del 1978, art. 4, è titolare di un diritto soggettivo al regolare versamento dei contributi previdenziali in proprio favore ed alla conformità alle prescrizioni di legge della propria posizione assicurativa (cfr. Cass. 23 novembre 1989 n. 379; n. 9850 del 2002). Ogni volta che non trovi applicazione il principio dell'automaticità delle prestazioni previdenziali o si ravvisi un pregiudizio per la tutela previdenziale, il lavoratore ha diritto ad essere risarcito dal datore di lavoro.
L'azione a tutela della posizione previdenziale nei confronti del datore di lavoro può avere ad oggetto:
- se la contribuzione non è prescritta, la condanna del datore di lavoro al pagamento della stessa con la chiamata in causa anche dell'Ente previdenziale, unico legittimato attivo nell'obbligazione contributiva (Cass. n. 19398 del 2014; Cass. n. 8956 del 2020);
- in caso di prescrizione del credito contributivo, attivando l'azione risarcitoria solo una volta che si siano realizzati i requisiti per l'accesso alla prestazione previdenziale perchè - ricorda la Suprema Corte - tale situazione determina l'attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante (Cass. n. 3790 del 1988; n. 27660 del 2018).
Il lavoratore può chiedere all'INPS la costituzione della rendita vitalizia
L'obbligazione contributiva ha quale soggetto attivo l'ente assicuratore e quale soggetto passivo il datore di lavoro.
Alla luce delle considerazioni esposte, la Corte di Cassazione rileva che il lavoratore non può nè agire nei confronti dell'Istituto previdenziale per accertare l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato, né chiedere di sostituirsi al datore di lavoro nel pagamento dei contributi non versati ma potrà nel caso di omissione contributiva, chiedere all'INPS la costituzione della rendita vitalizia di cui all'art. 13 della legge12 agosto del 1962, n. 1138 (Cass. 3491 del 2014).
A supporto di tale tesi sovviene la Cass. n. 6569 del 2010, che ha precisato che la facoltà di chiedere all'INPS la costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell'assicurazione obbligatoria che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi non pagati, mediante il versamento della corrispondente riserva matematica spetta innanzi tutto al datore di lavoro che ha omesso di versare contributi per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione. In sostituzione del datore di lavoro, quando non possa ottenere da quest'ultimo la costituzione della rendita, analoga facoltà è attribuita al lavoratore, fatto salvo il diritto a risarcimento del danno (in tal caso, il lavoratore, per potere agire direttamente nei confronti dell'Inps, deve allegare e comprovare che non ha potuto far valere questa pretesa nei confronti del datore di lavoro).
Diversamente, non è ammessa la regolarizzazione della posizione assicurativa in caso di omesso versamento dei contributi da parte del datore di lavoro se l'Istituto assicuratore, pur se messo a conoscenza dell'inadempimento contributivo prima della decorrenza del termine di prescrizione, non si sia attivato per l'adempimento nei confronti del soggetto obbligato. Anche in tale ipotesi la tutela del lavoratore si realizza con il ricorso alla procedura di costituzione della rendita.
Sulla base delle argomentazioni esposte e reputando non pertinenti alla fattispecie in esame i richiami ai precedenti giurisprudenziali (Cass. 7459 del 2002 e Cass. n. 5767 del 2002) su cui si è fondata l’erronea motivazione della decisione del giudice d'appello, la Cassazione accoglie il ricorso dell'INPS, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal lavoratore.
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