Omicidio colposo a carico dell’albergatore per non aver impedito l’accesso alla piscina
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 20 maggio 2013
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La Quarta sezione penale di Cassazione, con la sentenza n. 18569 del 24 aprile 2013, ha confermato la decisione di condanna per omicidio colposo impartita dai giudici di secondo grado nei confronti del gestore di un albergo nella cui piscina era annegato un giovane durante di una festa notturna di compleanno.
Secondo gli Ermellini, in particolare, quando, come nel caso in esame, la struttura non è operativa, la piscina costituisce sempre un'entità costituente fonte di pericolo, “derivante soprattutto dalla presenza di acqua, in relazione alla possibilità di caduta accidentale e di incongrue iniziative da parte degli utenti della struttura”. E l’albergatore, in tale contesto, è sicuramente titolare di una posizione di garanzia in forza della quale è tenuto ad assicurare l'incolumità fisica degli utenti. Ne consegue la necessità, per lo stesso, di adottare misure (barriere, transenne ecc.) che, pur implicando una qualche misura di affidamento sull'osservanza delle prescrizioni, inibiscano l'accesso alla vasca e rendano altresì chiaro, tangibile il divieto di utilizzo della vasca.
Nella specie, il reato di omicidio colposo doveva ritenersi integrato nella condotta del direttore dell’albergo che non aveva inibito materialmente ai clienti l'accesso alla vasca negli orari in cui non è garantito il servizio di salvataggio.
- Il Sole 24Ore – Norme e Tributi, p. 9 - La gestione della piscina è «attività pericolosa» - Pascasi
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