Funzioni di controllo interno? Sindaci comunque tenuti a obbligo di diligenza

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Funzioni di controllo interno? Sindaci comunque tenuti a obbligo di diligenza

La complessa articolazione della struttura organizzativa di una società di investimenti non può comportare l'esclusione o anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale.

Questi, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo.

Sui sindaci, infatti, gravano:

  • da un lato, l'obbligo di vigilanza - in funzione non solo della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche della verifica dell'adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società di investimenti;

  • dall'altro, l'obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d'Italia ed alla Consob, non potendosi addurre quale esimente la mancata informazione dei sindaci da parte degli amministratori, potendo gli stessi avvalersi della vasta gamma di strumenti informativi ed istruttori, prevista dall'art. 149 del TUF.

Omesso controllo? Sindaco sanzionato

Così la Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 16276 del 19 maggio 2022, pronunciata in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

Nella specie, la Suprema corte ha rigettato il ricorso avanzato dal componente del collegio sindacale di un istituto di credito contro la decisione con cui la Corte d’appello aveva confermato la sanzione impartitagli dalla CONSOB per aver omesso il controllo sulle modalità di vendita di alcuni titoli azionari nonostante la sussistenza di profili di criticità, legati ai volumi e alla sistematicità delle operazioni di vendita portate all’attenzione del consiglio di amministrazione ai fini dell’autorizzazione statutariamente prevista.

L’uomo si era rivolto alla Cassazione lamentando falsa applicazione di legge: secondo la sua difesa, l’illecito contestato, consistente nell’offerta al pubblico di prodotti finanziari, era costituito da una condotta dolosa addebitabile esclusivamente a chi effettua l’offerta e non addebitabile ai sindaci.

A suo dire, l’elemento soggettivo contestatogli era di mera colpa mentre la sollecitazione al pubblico risparmio presupponeva un elemento intenzionale espressamente indicato nell’articolo 94 TUF.

La tesi del ricorrente circa l’ascrivibilità dell’illecito in esame, in via esclusiva, al soggetto attivo della condotta è stata tuttavia giudicate infondata dai giudici di legittimità, alla luce dei sopra richiamati principi di diritto.

Collegio sindacale. Obbligo di diligenza non attenuato da funzioni di controllo interno

Il contenuto degli obblighi e dei doveri incombenti sui componenti del collegio sindacale – ha continuato la Corte - esclude che l’obbligo di diligenza del collegio sindacale possa ritenersi attenuato in caso di funzioni aziendali di controllo interno.

Queste ultime, infatti, hanno un compito di ausilio e di supporto e il collegio sindacale non può adagiarsi sulle eventuali indicazioni fornite sulla base di esse.

Il relativo rapporto non è di subordinazione o di ricezione passiva da parte del collegio sindacale, il quale è tenuto, in ogni caso, ad assicurare una costante sorveglianza sull’operato dei soggetti incaricati di funzioni amministrative e gestionali, dovendo riscontrare la correttezza sia formale che sostanziale delle procedure e dei processi messi in atto, monitorando eventuali disfunzioni, anomalie o carenze.

Il controllo del collegio sindacale, ciò posto, non è solo postumo, suscettibile di concretarsi nel potere di impugnare le delibere consiliari ed assembleari invalide, ovvero di ricorrere all’autorità giudiziaria, “ma deve essere anche di natura preventiva, mediante la partecipazione alle riunioni del CDA, onde percepire ogni potenziale anomalia o disfunzione nella vita della società”.

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