Nuovi oneri a carico delle imprese per assicurare più tutele ai genitori-lavoratori
Pubblicato il 15 settembre 2022
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Maggiore equilibrio tra attività lavorativa e vita familiare con ulteriore aumento del costo del lavoro a carico delle imprese. Entra in vigore nella stessa data del Decreto Trasparenza, il nuovo decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, pubblicato in G.U. il 29 luglio u.s., di attuazione della Direttiva (UE) 2019/1158, che amplia le tutele in materia di congedi e permessi di genitori e prestatori di assistenza, riscrivendo le disposizioni per i congedi obbligatori di paternità, i congedi parentali, i congedi straordinari di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 105, ed i permessi previsti dall’art. 33, legge 5 febbraio 1992, n. 104.
In aggiunta agli oneri in materia di lavoro e legislazione sociale che l’anno in corso ha riservato alle imprese, siano essi diretti o indiretti (aumento delle aliquote contributive INPS; obblighi informativi del Decreto Trasparenza; etc), la novella normativa ha riscritto l’art. 34, comma 5, T.U. n. 151/2001, prevedendo che i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano una riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, con la sola eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, realizzando così un ulteriore aggravio di costi a carico dei datori di lavoro. Il tutto, salvo che non vi siano deroghe di miglior favore da parte della contrattazione collettiva.
Il congedo obbligatorio di paternità
La lettera c), del primo comma, dell’art. 2, decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, aggiunge l’art. 27-bis, al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevedendo che il padre lavoratore, dai due mesi precedenti alla data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi, si astiene dal lavoro per un periodo di dieci giorni, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio. Stando ad una prima analisi del tenore letterale della disposizione normativa, l’assunto legislativo effettua un’affermazione di diritto che, comunque, per essere esercitato va richiesto. Invero, il lavoratore si astiene dal lavoro, come previsto dal successivo comma 6, previa comunicazione in forma scritta da rendere al datore di lavoro contenente i giorni in cui intende fruire di detto congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto e fatte salve disposizioni di miglior favore eventualmente previste dalla contrattazione collettiva.
Nelle more di ulteriori chiarimenti ministeriali, ai sensi del sopracitato articolo 27-bis, è possibile affermare che il nuovo congedo di paternità ha le seguenti caratteristiche:
- spetta per un periodo di dieci giorni lavorativi;
- è fruibile dai due mesi precedenti la data presunta del parto e fino ai cinque mesi successivi alla nascita;
- non è frazionabile in ore ma può essere utilizzato anche in modo non continuativo;
- è fruibile anche in caso di morte perinatale del figlio;
- si applica anche al padre adottivo o affidatario;
- può essere fruito anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice;
- è ulteriore rispetto all’ulteriore congedo riconosciuto dall’art. 28, T.U.;
- dà diritto a un’indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione calcolata ai sensi dell’art. 22, commi da 2 a 7 e dall’art. 23;
- in caso di parto plurimo il periodo è raddoppiato a 20 giorni.
Sul congedo obbligatorio per il padre lavoratore, la lettera r), del medesimo art. 2, comma 1, ha, altresì, specificato che in caso di fruizione del predetto periodo di astensione dal lavoro, vige il divieto di licenziamento per la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno di età del bambino.
Così come per la lavoratrice-madre, il legislatore si preoccupa di specificare quali ulteriori disposizioni del medesimo art. 54, T.U. si applicano a tale fattispecie, sicché il sopracitato divieto di licenziamento non opera nei casi di:
- colpa grave del lavoratore, tale da implicare una giusta causa di recesso;
- cessazione totale dell’attività aziendale;
- cessazione del contratto di lavoro per scadenza del termine precedentemente pattuito;
- fermo restando il divieto di discriminazione, vi sia un esito negativo del periodo di prova.
Sulle altre tutele caratteristiche della maternità, quali le dimissioni rafforzate, il diritto a non comunicare alcun preavviso di recesso, percepire la NASpI e l’indennità di preavviso prevista dal contratto collettivo, la dottrina si è già chiesta se le predette tutele siano estensibili anche al lavoratore padre e per il medesimo periodo.
In particolare, oggetto di interpretazione è se le predette tutele operino solo nelle ipotesi del congedo di paternità alternativo previsto dall’art. 28 in caso di morte, grave infermità o abbandono della madre ovvero affidamento esclusivo del bambino al padre, o anche per il nuovo congedo di cui all’art. 27-bis.
A parere di chi scrive, il ragionamento logico-giuridico deve essere effettuato mediante la lettura dell’art. 55, commi 1 e 2, T.U. in commento, secondo cui, rispettivamente:
- “In caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma dell’art. 54, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La lavoratrice ed il lavoratore che si dimettono nel predetto periodo non sono tenuti al preavviso” (comma 1);
- “La disposizione di cui al comma 1 si applica anche al padre lavoratore che ha fruito del congedo di paternità”.
Premesso che, dunque, la disposizione del comma 1 si applica anche al generico congedo del padre lavoratore, il primo comma dell’art. 55, garantisce le indennità “tipiche” del recesso datoriale a tutte le ipotesi di dimissioni volontarie presentate durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento di cui all’art. 54 e senza alcun riferimento ad un comma specifico. Pertanto, atteso che il predetto art. 54, comma 7, ha esteso il divieto di licenziamento anche al padre lavoratore in caso di fruizione del congedo di cui agli artt. 27-bis e 28, devono – salvo ulteriori chiarimenti di prassi – intendersi spettanti, in caso di dimissioni fino al primo anno di età del bambino, le indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali in caso di licenziamento (indennità di preavviso e NASpI) con ovviamente, nessun diritto del datore di lavoro a ricevere il preavviso contrattualmente previsto.
Le prime indicazioni dell’Istituto previdenziale sono contenute nel messaggio INPS 4 agosto 2022, n. 3066.
Il congedo parentale per i lavoratori dipendenti
Ai sensi dell’art. 32, T.U. n. 151/2001, per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo i seguenti limiti e modalità:
- la madre lavoratrice, trascorso il periodo di maternità obbligatoria, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
- il padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabili a sette qualora il padre eserciti il diritto di assentarsi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi.
- per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi, qualora vi sia un solo genitore o sia stato disposto l’affidamento esclusivo del figlio.
Le novità più rilevanti sono, però, contenute nel successivo art. 34, a mente del quale i predetti periodi, che garantiscono un’indennità pari al 30% della retribuzione, possono essere fruiti:
- per un periodo massimo di tre mesi da parte di ciascun genitore;
- alternativamente, per un periodo di ulteriori tre mesi.
Sostanzialmente:
- ciascun genitore potrà avere diritto ad un periodo massimo di congedo parentale pari a tre mesi, non trasferibile, anche in parte, all’altro genitore;
- entrambi i genitori hanno, altresì, diritto, alternativamente tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata massima di tre mesi.
La massimizzazione del congedo parentale consente, dunque, ad entrambi i genitori di fruire di un periodo massimo indennizzabile pari a nove mesi (tre mesi richiedibili dalla madre; tre mesi richiedibili dal padre; ulteriori tre mesi richiedibili, alternativamente, da uno dei genitori).
Il congedo è estendibile sino a dieci mesi laddove il padre si astenga dal lavoro per un periodo intero o frazionato non inferiore a tre mesi.
Al tempo stesso, nel caso di genitore solo, ai sensi dell’art. 32, comma 1, lett. c), fermo restando il periodo massimo indennizzabile di nove mesi, il congedo parentale può essere richiesto per un periodo non superiore a undici mesi, anch’essi continuativi o frazionati.
I periodi di congedo parentale ulteriori ai nove mesi per entrambi i genitori ovvero per il genitore sono richiedibili fino al dodicesimo anno di vita del bambino e sono indennizzabili solo laddove il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
Naturalmente le disposizioni in commento trovano applicazione anche in caso di adozione nazionale e internazionale e di affidamento.
Tra le novità più rilevanti si evidenzia la disposizione di cui al comma 5 del medesimo art. 34, a mente del quale i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano la riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo eventuali discipline di maggior favore della contrattazione collettiva.
Le prime indicazioni dell’Istituto previdenziale sono contenute nel messaggio INPS 4 agosto 2022, n. 3066.
Modifiche al congedo straordinario
L’art. 2, comma 1, lett. n), decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, riscrive il comma 5, dell’art. 42, decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, prevedendo l’inserimento della parte di un’unione civile e del convivente di fatto ex art. 1, comma 36, legge 20 maggio 2016, n. 76, tra i soggetti prioritariamente individuati dal legislatore per la concessione del congedo, al pari del coniuge.
È stato, altresì, previsto che il congedo possa essere fruito entro trenta giorni (e non più sessanta) dalla richiesta e la possibilità di instaurare la convivenza anche successivamente alla presentazione della domanda, purché sia garantita per tutta la fruizione del congedo.
Le prime indicazioni dell’Istituto previdenziale sono contenute nel messaggio INPS 5 agosto 2022, n. 3096.
Modifiche ai permessi L. n. 104/1992
Il novellato art. 33, comma 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104 – ad opera della lett. b), comma 1, art. 3, D. Lgs. n. 105/2022 – ha eliminato il principio del “referente unico dell’assistenza” in base al quale, nel previgente sistema, a esclusione dei genitori, non poteva essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave. Pertanto, a decorrere dal 13 agosto 2022 più soggetti potranno essere dotati del diritto di fruire i permessi ex art. 33, comma 3, alternativamente tra loro, per l’assistenza al medesimo soggetto disabile grave.
Le prime indicazioni dell’Istituto previdenziale sono contenute nel messaggio INPS 5 agosto 2022, n. 3096.
QUADRO NORMATIVO Decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105 INL – Nota 6 settembre 2022, n. 9550 |
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