Non è nulla la sentenza che riproduce l’atto di parte

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Non può essere considerata nulla la sentenza che, nel processo civile e in quello tributario, nelle sue motivazioni si limita a riproporre integralmente il contenuto di un atto di parte senza aggiungere niente di “originale”.

Lo afferma la sentenza n. 642 del 16 gennaio 2015, Sezioni unite civili, della Corte di Cassazione, con la quale è stato negato che un verdetto fotocopia possa essere considerato sintomo di un difetto di imparzialità del giudice.

Dopo che per lungo tempo sono state formulate sentenze, le cui pronunce erano redatte “in maniera ampollosa e spesso caratterizzate da sovrabbondanza di lessico, enfasi declamatoria, eccesso di astrattezza”, tanto da risultare comprensibili solo per una ristretta cerchia di eletti, oggi poco conta l’originalità e la paternità delle ragioni esposte.

Le modifiche apportate al Codice di procedura civile già dal 1940 muovono nella direzione che le sentenze non devono essere considerate come dei trattati, bensì devono essere considerate come l’esito conclusivo di un processo nel quale hanno agito più soggetti e dove ciascuno ha contribuito in una certa misura alla decisione finale. Da qui la necessità di porre l’accento su motivazioni concise e tali da esporre semplicemente le ragioni delle decisioni assunte dal giudice senza per forza essere espressione di capacità argomentative e retoriche.
Anche in
  • ItaliaOggi, p. 27 - Sentenze valide anche se rispecchiano un atto - Alberici
  • Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 19 - Motivazioni anche fotocopia - Negri

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