Non è contraffazione se i marchi sono distinguibili

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Non sussiste contraffazione e dunque, non è consentito ad un’impresa titolare di un marchio, inibire ad un’altra l’uso di un logo similare, se quest’ultimo, tenendo conto dei suoi elementi grafici e visivi e della capacità percettiva di un consumatore medio dei prodotti che rappresenta, risulta tuttavia ben distinguibile.

E’ quanto dedotto dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, con sentenza n. 3118 depositata il 17 febbraio 2015, respingendo il ricorso presentato da una nota società.

Quest’ultima, in particolare, chiedeva dichiararsi la nullità del marchio impiegato da altra ditta, accertarne la contraffazione ed inibirne l’uso, in quanto carente del requisito della novità e del tutto simile al proprio.

Ha stabilito in proposito la Cassazione, aderendo a quanto già dedotto nei precedenti gradi di giudizio, come, nel caso in esame, il marchio registrato dalla società convenuta fosse caratterizzato da una diversa composizione che lo rendeva del tutto distinguibile da quello dell' attrice, sia a seguito di valutazione analitica che, soprattutto, a seguito di valutazione globale e sintetica dei segni grafici che lo costituivano, avendo riguardo anche alla normale capacità percettiva della clientela di consumatori dei prodotti di cui si tratta.

Il tutto in coerenza con il principio secondo cui, non è possibile presumere la confusione e dunque, dichiarare la contraffazione, per il solo fatto dell’esistenza di un rischio di associazione tra i segni.
Anche in
  • Il Sole 24Ore – Norme e Tributi, p. 42 - Moda, il marchio forte non basta - Bronzo

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