Non c’è scopo antielusivo nel concludere operazioni con fornitori esteri se il contratto già esiste
Pubblicato il 22 gennaio 2010
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Due sentenze della Commissione tributaria provinciale di Roma e di Napoli – rispettivamente la n. 454/53/09 e la n. 6 del 15/01/2010 – hanno rilasciato chiarimenti in merito agli acquisti effettuati da produttori industriali italiani nei confronti di fornitori esteri, con sede in paradisi fiscali. Il tutto sulla base di una verifica della Guardia di Finanza, che contestava la deducibilità delle operazioni effettuate da un intermediario che si poneva tra il produttore italiano e il fornitore estero.
La prova dell’effettivo interesse economico nello svolgere l’attività di scambio con fornitori esteri – secondo le Ctp – non è provata soltanto dall’esistenza di alcuni siti internet, ma principalmente dal fatto che trattandosi di acquisti internazionali, essi risultavano dalla documentazione di trasporto e da quella rilasciata dall’agenzia delle Dogane. Inoltre, l’esistenza di un contratto di cessione già stipulato nei confronti di acquirenti industriali, anche se la merce ancora non era stata reperita, non fa ravvisare nel rapporto concluso con il fornitore estero un intento elusivo. La ricerca del fornitore, in grado di cedere la materia prima ad un costo compatibile con quello di cessione, fa parte dell’obbligo del contribuente di onorare il contratto stesso e lo pone al riparo dall’accusa di volere sfuggire agli obblighi fiscali nazionali.
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