No all’interdizione dall’esercizio della professione senza collegamento con l’attività lavorativa
Autore: Eleonora Mattioli
Pubblicato il 24 gennaio 2015
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Non è ammessa la pena accessoria dell’interdizione dall’esercizio della professione, se la condotta criminosa del datore di lavoro non è strumentalmente collegata all’attività lavorativa o professionale.
Ha così stabilito la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con sentenza n. 3214 depositata in data 23 gennaio 2015, con cui è stata confermata la condanna dell’imputato a tre anni di reclusione per il reato di cui agli artt. 81 c.p.p. e 609bis c.p. ,ma revocata la statuizione relativa alle pene accessorie.
In particolare, quanto a tale ultimo aspetto, ha chiarito la Cassazione come non possa essere applicata al caso di specie, né la sanzione dell’interdizione perpetua ai pubblici uffici, né quella di interdizione legale, poiché, secondo le disposizioni del codice penale al momento vigenti (in attesa di sostituzione tramite la Legge 172/2012), entrambe le pene avrebbero richiesto un minimo di cinque anni di reclusione.
E’ inoltre da revocarsi – a detta della Cassazione – l’ulteriore sanzione accessoria dell’interdizione dall’esercizio della professione, poiché anch’essa irrogata in violazione della normativa vigente al momento dei fatti.
La condotta integrante violenza sessuale posta in essere dal datore di lavoro, infatti, non può considerarsi eziologicamente collegata all’abuso della professione o alla violazione dei doveri connessi.
Sebbene la successiva Legge n. 172/2012 abbia poi ampliato l’ambito di applicazione di questa sanzione - prevedendo che l’esercizio della professione possa essere anche solo un’occasione per la realizzazione del reato – siffatta nuova normativa, poiché successiva, non è tuttavia applicabile ai fatti oggetto della presente pronuncia.
I giudici di legittimità sono giunti a tali conclusioni, in applicazione al principio, valido anche per le sanzioni accessorie, secondo cui, in caso di successione di leggi penali, si deve applicare quella più favorevole al reo.
- Il Sole 24Ore – Norme e Tributi – In breve, p. 15 - L’interdizione non è retroattiva
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