No a transazioni che escludono Iva
Pubblicato il 05 maggio 2016
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Nel concordato preventivo, non può essere autorizzata una transazione che nulla prevede sul debito Iva per sanzioni ed interessi.
E’ quanto, in sintesi, affermato dalla Corte di Cassazione, prima sezione civile, respingendo il ricorso di una s.r.l. in liquidazione, avverso il decreto con cui era stata dichiarata inammissibile la proposta di concordato preventivo con cessione di parte dei beni, presentata dalla società ricorrente.
Violazione cause legittime di prelazione
Già il Tribunale aveva ravvisato, quale principale profilo di inammissibilità, la compressione del credito per sanzioni ed interessi relativi all'Iva, privo di qualunque prospettazione di pagamento nella proposta finale, nonostante il rango privilegiato e le previsioni dell’art. 182 ter comma 1 l.f. e, comunque, non tenendosi conto che esso avrebbe dovuto essere oggetto di un pagamento almeno parziale, a fronte di un trattamento migliore degli altri crediti.
Ne conseguiva, per il Tribunale, la violazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione ed un limite allo stesso classamento del credito Iva, ingiustificatamente escluso.
Vulnerata completezza e correttezza della proposta
Del medesimo parere la Cassazione, che ha effettivamente constatato come nel concordato in questione, del debito Iva per accessori non viene riportata alcuna previsione nella proposta, ossia, né nel programma del debitore (facendone piuttosto l’obiettivo di una mera rinuncia da parte dell’Agenzia delle Entrate), né nelle attestazioni del professionista ex art. 161 l.f., realizzandosi pertanto una omissione che non può fuoriuscire dal controllo del Tribunale. Ciò, posto che, ancor prima del debito a connotazione privilegiata, detta condotta ha vulnerato la completezza della proposta e la corretta rappresentazione di un credito.
Va dunque condiviso – conclude la Corte con sentenza n. 8804 del 4 maggio 2016 – il rilievo del giudice di merito in punto di limite di ammissibilità della proposta ex art. 160 comma 2 l.f., ove la società ricorrente non ha prefigurato alcun trattamento per siffatti crediti Iva, neanche ipotizzandone un alternativo statuto non prelatizio, mediante integrazione di essi in una delle classi pur merceologicamente raccolte attorno ai creditori non finanziari.
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