Niente bancarotta fraudolenta per l'amministratore testa di legno che sia inconsapevole
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 01 agosto 2011
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Con sentenza n. 30091 del 28 luglio 2011, la Corte di cassazione ha annullato la decisione con cui la Corte d'appello di Potenza aveva condannato per bancarotta fraudolenta documentale il legale rappresentante di una società, poi fallita, il quale era stato ritenuto colpevole di aver sottratto le scritture contabili dell'impresa al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ed arrecando, così, pregiudizio ai creditori.
L'uomo si era difeso sostenendo di essere una semplice testa di legno della società ma i giudici di merito, sia di primo che di secondo grado, avevano ritenuto non provata detta circostanza e che, comunque, ciò non avrebbe escluso la responsabilità dell'imputato rispetto al dovere di vigilanza e controllo.
Secondo la Corte di legittimità, tuttavia, una volta accertata la qualifica solamente formale del ricorrente, quest'ultimo avrebbe potuto essere ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 216 della Legge fallimentare solo ove si fosse ritenuto “non solo che egli era consapevole della sottrazione, bensì anche che avesse contezza dello scopo che l'autore materiale del reato (l'amministratore di fatto) si prefiggeva con la sua condotta”.
Ed infatti – precisano i giudici di Cassazione – il profilo soggettivo della responsabilità deve essere verificato caso per caso “accertando se l'amministratore di diritto era consapevole delle altrui pratiche sottrattive e delle finalità ulteriori perseguite con tali condotte, ovvero semplicemente aveva accettato il rischio - omettendo ogni controllo - che l’amministratore di fatto sottrasse i libri contabili”.
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