Nel concordato valutati anche gli atti precedenti la domanda

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Il caso affrontato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23387 del 15 ottobre 2013, riguarda la censura dei comportamenti di un contribuente che, nel caso di concordato preventivo, erano stati taciuti.

I comportamenti ritenuti fraudolenti dal commissario giudiziale,risultanti dalle scritture contabili ma non menzionati nella proposta di concordato e nei suoi allegati, riguardavano pagamenti preferenziali effettuati nei sei mesi anteriori la presentazione della domanda di concordato e la cessione di una quota della partecipazione in una Srl. Tali atti non erano stati resi noti ai creditori, ma potevano essere rilevanti ai fini del soddisfacimento del loro credito in caso di concordato o di fallimento.

I giudici della Corte hanno stabilito, pertanto, che l'ammissione al concordato può essere revocata qualora comportamenti anteriori del debitore antecedenti alla presentazione della domanda di concordato possano pregiudicare un consenso informato dei creditori. Si evidenzia come il silenzio del debitore e l'accertamento del commissario giudiziale devono, per configurare il primo come atto di frode, riguardare non qualsiasi operazione, ma quelle operazioni suscettibili di assumere un rilievo diverso, ai fini del soddisfacimento dei creditori, in caso di fallimento e in caso di concordato preventivo.
Anche in
  • Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 5 - Concordato, la frode va «mostrata» ai creditori - Nardecchia

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