Negli appalti pubblici c’è responsabilità solidale del committente?

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I lavoratori dipendenti di Alfa S.r.l. sporgono alla DTL denuncia per mancato pagamento delle retribuzioni maturate nel corso dei lavori svolti in esecuzione di un appalto pubblico, assegnato alla società datrice di lavoro dal Comune Gamma per la costruzione di un plesso di scuola materna. Gli ispettori svolgono attività di competenza e accertano che i lavori sono terminati da poco più di un mese e che la società è correttamente in regola con gli adempimenti previdenziali e assicurativi e con gli accantonamenti presso la Cassa Edile, ma risulta in arretrato con il pagamento delle retribuzioni; quindi accertano la fondatezza della denuncia dei lavoratori. In quali conseguenza può incorrere la società Alfa S.r.l. e il Comune Gamma?



Premessa

Nel caso pratico de "L'ispezione del lavoro", del 1° giugno 2012, "In caso di appalto senza Durc si bloccano i lavori" è stata posta l’attenzione sul contenuto degli obblighi previsti dell’art. 90, commi 9 e 10, del T.U. n. 81/08 e succ. mod. e sulle conseguenze che discendono nell’ipotesi in cui tali obblighi vengano disattesi. L’analisi della responsabilità dei soggetti coinvolti nella filiera dell’appalto ci porta ora a focalizzare l’attenzione sulle garanzie patrimoniali che vengono riconosciute a chi materialmente presta la propria attività per la realizzazione dell’opera oggetto dell'appalto: i lavoratori.

Tale aspetto è stato solo accennato con l’enunciazione del regime di responsabilità previsto dall’art. 29, comma 2, del D.lgs n. 276/03 e art. 35, comma 28, del D.L. n. 223/06 conv. in L. n. 248/06, come sostituito dal comma 5 bis dell'art. 2 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, nel testo integrato dalla legge di conversione 26 aprile 2012, n. 44.

Il regime de quo infatti è funzionale a garantire i crediti retributivi, previdenziali e fiscali maturati nel corso dell'esecuzione dell'appalto, in quanto attribuisce al creditore la facoltà di chiedere l'adempimento dell'esatta prestazione ad uno qualunque dei debitori, sia esso il committente, l’appaltatore e/o l’eventuale subappaltatore.

A giudizio degli scriventi, tale disciplina concorre con quella prevista dall’art. 1676 c.c. che rappresenta una norma di chiusura nel sistema di tutela del credito per i lavoratori impiegati negli appalti, giacché applicabile per le ipotesi non espressamente previste dall’art. 29, comma 2, D.lgs n. 276 cit.

L’art. 29, comma 2, D.lgs n. 276/03


Si vedrà successivamente come il sistema di garanzia del credito nel settore degli appalti pubblici venga ulteriormente integrato da altre disposizioni normative. Per il momento occorre soffermarci sull’art. 29, comma 2, del D.lgs n. 276 cit., che permette al lavoratore impiegato nell'appalto di avanzare le proprie pretese creditorie nei confronti del datore di lavoro, sia esso appaltatore o subappaltatore, e anche del committente, nonché verso chiunque appartenente alla filiera dell'appalto.

La norma ha subìto nel corso degli anni numerosi interventi modificativi e/o correttivi, l’ultimo dei quali è stato apportato dall’art. 21, comma 1, del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, come modificato dalla legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35, che ha sostanzialmente derogato al regime tipico delle obbligazione solidali, così come testé descritto e disciplinato in via generale dall’art. 1292 c.c. e ss..

In particolare la modifica ha allargato espressamente la tutela dei “trattamenti retributivi” del prestatore di lavoro includendovi le “quote di trattamento di fine rapporto, oltre ai contributi previdenziali e, per espressa dizione normativa, i premi assicurativi. Occorre rilevare poi che la responsabilità solidale è propriamente circoscritta ai debiti retributivi, quote TFR, contributi previdenziali e premi assicurativi, “dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto”, con esclusione delle sanzioni civili di cui “risponde solo il responsabile dell'inadempimento”.

L’aspetto derogatorio al regime delle “obbligazione solidali pure” emerge invece dal beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore accordato al committente e fruibile da costui in maniera differenziata in ragione della modalità di esercizio dell’azione giudiziaria e dei soggetti evocati in giudizio. Al riguardo va sottolineato che da pochi giorni il Senato della Repubblica ha approvato DDL n. 3249 rubricato "Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita nell’ambito del quale la norma de qua è stata ulteriormente modificata. Sicché quanto di seguito esposto deve essere preso con le dovute riserve in attesa dell’esame finale che sul testo modificato effettuerà la Camera dei Deputati.

  1. Azione giudiziaria intrapresa congiuntamente nei confronti del committente e dell’appaltatore

Ove il committente venga convenuto in giudizio unitamente all’appaltatore, il giudice è tenuto ad accertare la responsabilità solidale di entrambi e deve determinare il diritto del ricorrente. Tuttavia la successiva azione esecutiva potrà esperirsi nei confronti dell’appaltatore. Solo se il patrimonio di quest’ultimo risulti insufficiente l’azione potrà a sua volta essere intrapresa sul patrimonio del committente.

  1. Azione giudiziaria intrapresa confronti del solo committente

Qualora invece l’azione giudiziaria sia stata intrapresa unicamente nei confronti del committente quest’ultimo potrà sempre eccepire il beneficio della preventiva escussione, ma in tal caso è tenuto “a indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi”.

La disposizione si chiude con la specificazione secondo la quale se a pagare dovesse essere il committente, imprenditore o datore di lavoro, questi potrà esercitare azione di regresso nei confronti del coobbligato.

Differenze tra l’art. 29, comma 2, D.lgs n. 276 cit. e art. 1676 c.c.


L’art. 29, comma 2, D.lgs. n. 276 cit. sembra contenere molteplici nodi interpretativi e recentemente è stato sottoposto al vaglio di costituzionalità, poiché, pur circoscrivendo la garanzia all’ambito di esecuzione del contratto, non conterrebbe tuttavia dei limiti quantitativi alla responsabilità del committente
. Orbene, quest’ultimo profilo è uno degli aspetti che caratterizza la disposizione e che al contempo la distingue dalla disciplina di cui all’art. 1676 c.c., per la quale i dipendenti dell’appaltatore possono avanzare le proprie pretese al committente fino alla concorrenza del debito di quest’ultimo nei confronti dell’appaltatore al tempo della domanda. Deriva da ciò che il committente non sarebbe solidalmente tenuto nei confronti dei lavoratori se, nelle more, estingua il proprio debito nei confronti dell’esecutore dei lavori.

A ciò si aggiunga che:

  1. la responsabilità di cui all’art. 29, comma 2, D.lgs. n. 276 cit., diversamente da quella di cui all’art. 1676 c.c., è comprensiva del trattamento previdenziale e assicurativo;

  2. la responsabilità solidale così come descritta dall’art. 29, comma 2, del D.lgs. è soggetta al limite temporale di due anni dalla cessazione dell’appalto, mentre quella prevista dall’art. 1676 c.c. resta sottoposta all’ordinario termine di prescrizione quinquennale;

  3. per espressa previsione del comma 3 ter dell’art. 29 D.lgs. n. 276 cit. tale disposizione è applicabile solo con riferimento al “committente imprenditore o datore di lavoro”, mentre è esentato il committente «persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale.

L’eventuale applicazione dell’art. 29, comma 2, D.lgs n. 276 cit. agli appalti pubblici

A fronte di tali aspetti sufficientemente consolidati l’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit. risulta invece controverso, giacché appare incerto se l’art. 29 comma 2 del D.lgs. n. 276 cit. riguardi esclusivamente gli appalti privati, oppure se tale disposizione possa essere invocata anche nelle procedure di evidenza pubblica e segnatamente nei confronti della Pubblica Amministrazione.

La tesi che esclude l’applicazione dell’art. 29, comma 2, D.lgs n. 276 cit. alle pubbliche amministrazioni


Un primo indirizzo interpretativo nega la possibilità di applicare l'art. 29, comma 2, D.lgs. 276 cit. alla Pubblica Amministrazione. La prospettazione si basa sull’espresso disposto dell’art. 1 comma 2 del D.lgs. n. 276 cit. per il quale, in difetto di espresso richiamo, il corpo di norme contenuto in tale provvedimento normativo non si applica alla Pubblica Amministrazione e al pubblico impiego. Nelle procedure di evidenza pubblica mancherebbe un richiamo espresso all’art. 29 del D.lgs. n. 276 cit., con la conseguenza che tale previsione avrebbe una portata applicativa circoscritta agli appalti privati, con l’ulteriore conseguenza che l’unico regime di solidarietà invocabile nei confronti della Pubblica Amministrazione in qualità di committente sarebbe quello disciplinato dall’art. 1676 c.c. e dall’art. 35, comma 28, del D.L. n. 223 cit. come modificato dal comma 5 bis dell'art. 2 D.L. 2 marzo 2012, n. 16 cit..

La prospettazione del Ministero del Lavoro


Trattasi di una linea esegetica condivisa anche dal Ministero del Lavoro e cristallizzata nell’interpello n. 35 del 2009. Nell’occasione è stato affermato che il vincolo di solidarietà previsto dall’art. 29, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit. tra committente ed appaltatore, non si applica alle pubbliche amministrazioni. L’assunto è stato poi ribadito dallo stesso Ministero anche nella circolare n. 5 del 2011, la quale ha sottolineato che nei rapporti tra committente pubblico e appaltatore il regime di solidarietà è disciplinato dalla normativa generale, ergo dall’art. 1676 c.c. nonché nell’art. 35, comma 28, del D.L. n. 223 cit. come recentemente modificato.

In sostanza il Ministero nell’interpretazione fornita con la circolare n. 5 del 2011 e con le circolari n. 2 e 3 del 2012 ritiene che il regime di solidarietà negli appalti pubblici si esaurisca nel sistema sopra delineato. Da ciò si desume che a determinare l’esclusione dell’art. 29, comma 2, D.lgs. n. 276 cit. sia la natura pubblica dell’appalto e non la qualità del committente. Ne segue pertanto che in un appalto pubblico tale norma non potrà applicarsi neppure rispetto ai rapporti intercorrenti tra appaltatore e subappaltatore a prescindere dalla natura privatistica o pubblicistica di questi ultimi.

Per i rapporti tra appaltatore e sub-appaltatore il meccanismo di solidarietà è garantito dall’art. 118, comma 6, del D.lgs. n. 163/2006, finalizzato a garantire il rispetto “[…] del trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni […]”.

L’intervento sostitutivo della stazione appaltante


Rispetto a quanto sopra detto deve tuttavia aggiungersi un’ulteriore garanzia prevista nel settore degli appalti pubblici in favore dei lavoratori e degli enti previdenziali, assicurativi e delle Casse Edili.

Trattasi dell’intervento sostitutivo della stazione appaltante di cui agli artt. 4 e 5 del D.P.R. n. 207/10.

L’art. 5, comma 2, prevede che in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente dell'esecutore o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi il responsabile del procedimento formuli un invito per iscritto al soggetto inadempiente, ed in ogni caso all'esecutore, a corrispondere le retribuzioni ai lavoratori entro i successivi quindici giorni.

Decorso infruttuosamente il suddetto termine e ove non sia stata contestata in maniera formale e motivata la fondatezza della richiesta, entro il termine sopra assegnato, la stazione appaltante può pagare anche in corso d'opera direttamente ai lavoratori le retribuzioni arretrate, detraendo il relativo importo dalle somme dovute all'esecutore del contratto ovvero dalle somme dovute al subappaltatore inadempiente.

Secondo gli scriventi il verbo “potere” utilizzato dalla norma evidenzia che si tratta non già di un obbligo, ma di un diritto potestativo appannaggio esclusivo della stazione appaltante.

Per quanto concerne i crediti maturati in favore degli enti previdenziali, assicurativi e delle Casse Edili, l’art. 4, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 207/10, sembra invece imporre un intervento sostitutivo della stazione appaltante, applicabile secondo l'interpretazione fornita dal Ministero del Lavoro con circolare n. 3 del 2012.

Responsabilità solidale negli appalti pubblici: chiarimenti

Sicché, secondo la linea interpretativa sopra esposta, negli appalti pubblici (a differenza di quanto previsto per gli appalti privati) non si applica l'art. 29, comma 2, D.lgs. 276 cit. I lavoratori, oltre a pretendere dal proprio datore di lavoro (sub-appaltatore) il pagamento delle spettanze maturate per il lavoro reso, possono invocare il regime di solidarietà nei confronti dell'appaltatore, ai sensi dell'art. 118, comma 6, del D.lgs. n. 163/2006 e dell'art. 1676 c.c.; nei confronti del committente pubblico solo ai sensi dell'art. 1676 c.c. secondo i limiti previsti da tale disposizione.

Resta semmai in facoltà della stazione appaltante di esercitare l’intervento sostitutivo in favore dei lavoratori ai sensi dell’art. 5, comma 2, del D.P.R. n. 207 cit. Mentre per quel che concerne il credito maturato dagli enti previdenziali e assicurativi l’intervento sostitutivo della stazione appaltante risulta applicabile nell’interpretazione fornita dal Ministero del Lavoro con circolare n. 3 del 2012. Infine sotto il profilo fiscale trova applicazione l’art. 35, comma 28, del D.L. n. 223/06 conv. in L. n. 248/06 come modificato dal comma 5 bis dell'art. 2 D.L. 16 cit.

Riflessi sul piano sanzionatorio


L’osservanza delle norme contrattuali nei confronti dei lavoratori impegnati nell’esecuzione di appalti, e di quelli pubblici in particolare, rileva nel duplice senso di consentire all’impresa il riconoscimento dei benefici normativi e contributivi e di garantire ai lavoratori dipendenti uno standard retributivo non riducibile, in conformità alla c.d. clausola sociale, inserita a norma dell’art. 36 della L. n. 300/70, nel provvedimento di concessione e nel capitolato di appalto. Tale clausola assume un’importanza dirimente.

E infatti, qualora il personale della DTL rilevi la violazione di tale norma è previsto un obbligo in capo all’ispettore di informare l’amministrazione che abbia disposto la concessione del beneficio o dell'appalto per l’eventuale alla revoca dello stesso o delle agevolazioni finanziarie o creditizie concesse, ovvero, nei casi più gravi o nel caso di recidiva, per “l'esclusione del responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto.

La tesi che estende l’applicazione dell’art. 29, comma 2, D.lgs. n. 276 cit. alle pubbliche amministrazioni


Alla prospettazione che ritiene non applicabile l’art. 29, comma 2, D.lgs. n. 276 cit. alle pubbliche amministrazioni si contrappone un indirizzo che va sempre più consolidandosi nella giurisprudenza di merito e che reputa invece ammissibile una siffatta operazione ermeneutica.

In difetto di prassi amministrativa e, soprattutto, di pronunciamenti della Suprema Corte, il seguente orientamento esegetico va preso cum grano salis.

In merito è stato osservato che il significato dell'art. 1, comma 2, del D.lgs 276/2003, che esclude l’applicazione di tale decreto alle pubbliche amministrazioni e al loro personale deve essere letto alla luce dell’art. 6 della L. 30/2003 (c.d. Legge Biagi). Tale Legge ha autorizzato a escludere l'applicazione dei decreti delegati, compreso lo stesso D.lgs. n. 276 cit. al “personale delle pubbliche amministrazioni", quindi ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

In tal senso pertanto l’espressione "per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale" costituisce nient’altro che un'endiadi, espressa nella locuzione corretta “il personale delle pubbliche amministrazioni […]”, intese queste ultime, pertanto, non come Istituzioni, ma come datori di lavoro.

Sicché la limitazione prevista dall'art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 276 cit. opera nella prospettiva di affermare con chiarezza l'impossibilità, per le amministrazioni datori di lavoro, di utilizzare le nuove forme contrattuali flessibili introdotte dallo stesso decreto legislativo. A meno che tali forme contrattuali non vengano espressamente richiamate nel provvedimento normativo.

Di contro, il regime di responsabilità solidale prevista dall'art. 29, comma 2 del D.Lgs. n. 276 cit. non può che ritenersi pienamente applicabile all'attività esercitata dalle pubbliche amministrazioni nel loro ruolo istituzionale di committenti in appalto di opere e servizi. E ciò in ragione del principio di parità di trattamento tra imprenditore privato e Pubblica Amministrazione, considerata in tale veste come “[…] soggetto attivo di importanti discipline dallo regolate […] dal predetto decreto normativo”.

Caso concreto


Ben si comprenderà, a questo punto, che l’adesione all’una o all’altra prospettazione ha conseguenze rilevanti per i lavoratori e per la stazione appaltante, mentre l’impresa affidataria resta comunque assoggettata alle responsabilità che discendono da un eventuale inadempimento agli obblighi contrattuali e lavoristici.

In dettaglio e per ciò che rileva nel caso di specie i lavoratori dipendenti di Alfa S.r.l. hanno sporto alla DTL denuncia per mancato pagamento delle retribuzioni maturate nel corso dei lavori svolti in esecuzione di un appalto pubblico, assegnato alla società datrice di lavoro dal Comune Gamma per la costruzione di un plesso di scuola materna. Gli ispettori all’esito della propria attività hanno appurato la regolarità della società datrice di lavoro dal punto di vista degli adempimenti previdenziali, assicurativi, ivi compresi gli accantonamenti presso la Cassa Edile competente, ma hanno riscontrato altresì l’insolvenza retributiva così come denunciata dai lavoratori.

Sicché una volta accertato che il Comune Gamma non abbia esercitato l’intervento sostitutivo previsto dall’art. 5 comma 2 del D.P.R. n. 207 cit. e atteso il carattere vincolante delle istruzioni diramate dal Ministero del lavoro circa l’inapplicabilità dell’art. 29 comma 2 del D.lgs. n. 276 cit. alle pubbliche amministrazioni, è lecito attendersi da parte del personale ispettivo l’adozione della diffida accertativa ex art. 12 D.lgs. n. 124/04 volta al pagamento delle retribuzione dei lavoratori nei confronti della sola società Alfa S.r.l. datrice di lavoro. Conseguentemente gli ispettori segnaleranno l’inadempimento di quest’ultima all’amministrazione competente per l’eventuale applicazione dei provvedimenti di cui all’art. 36 della L. n. 300 cit. e informando i lavoratori della possibilità di avvalersi nei confronti del Comune Gamma della responsabilità solidale di cui all’art. 1676 c.c.. Resta ovviamente facoltà del Comune Gamma di utilizzare nei confronti della società Alfa S.r.l. gli ordinari strumenti di tutela, in primis l'eventuale azione di regresso e la richiesta di risarcimento del danno.

Tuttavia, e ferma comunque la comunicazione ai sensi dell’art. 36 L. n. 300 cit., gli scriventi ritengono che, in base all’arresto giurisprudenziale che rende ammissibile l’applicazione del’art. 29 comma 2 D.lgs. n. 276 cit. al committente pubblico e considerato altresì che i lavori appaltati erano terminati da poco più di un mese, e che quindi non era ancora maturato il termine previsto da tale norma per l’esercizio del diritto da essa contemplato, sia onere degli ispettori informare i lavoratori della facoltà riconosciuta a costoro di azionare il regime di solidarietà, sia pur con le limitazioni descritte dallo stesso art. 29 cit., anche nei confronti del Comune Gamma.

Laddove tale indirizzo giurisprudenziale dovesse essere ancor più consolidato e recepito a livello normativo il personale ispettivo del Ministero del Lavoro potrebbe trovarsi nella condizione di diffidare ex art. 12 D.lgs. n. 124/04 un qualsiasi ministero committente pubblico a versare le retribuzioni spettanti ai lavoratori dipendenti dell’appaltatore e/o subappaltatore e, paradossalmente, potrebbe addirittura "invitare" il proprio datore di lavoro, ove committente pubblico, a sottostare al regime di responsabilità solidale di cui all'art. 29 comma 2 del D.lgs. n. 276 cit.


NOTE

i Attualmente la disposizione recita “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, al versamento all'erario delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dell'imposta sul valore aggiunto scaturente dalle fatture inerenti alle prestazioni effettuate nell'ambito dell'appalto, ove non dimostri di avere messo in atto tutte le cautele possibili per evitare l'inadempimento” Vedi, anche, il D.M. 25 febbraio 2008, n. 74. Si precisa ancora che i commi dal 29 al 34 del D.L. n. 223/06 sono stati abrogati dal D.L. n. 97/08 conv. in L. n. 129/08.

ii La disposizione recita che “coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda

iii L’art. 29 del D.lgs. n. 276 cit. nella sua versione originaria stabiliva che “in caso di appalto di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”. A seguito dei numerosi rilievi critici l’art. 6 del D.lgs. 6 ottobre 2004, n. 251 ha esteso la disciplina anche agli appalti di opere prevedendo che “salvo diverse previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti…”. La previsione stabiliva che il comma 2 non trovava applicazione qualora “il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale”. L’art. 1 comma 911 della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007) ha abrogato la clausola di salvezza a favore delle previsioni della contrattazione collettiva, ha esteso il termine di decadenza entro cui i soggetti interessati possono agire per far valere la responsabilità del committente da uno a due anni dalla cessazione dell’appalto e ha, infine, esteso il regime di responsabilità solidale a tutti gli eventuali subappaltatori. Come precisato nel testo la recente modifica è stata apportata dall’art. 21 comma 1 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, come modificato dalla legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35. Attualmente pertanto l’art. 29 comma 2 del D.lgs. n. 276 cit. recita: “in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore. L'eccezione può essere sollevata anche se l'appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell'appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.

iv Cfr. Circolare Ministero del Lavoro n. 2 del 2012.

v Invero per la giurisprudenza tradizionale l’obbligazione solidale dà luogo a un rapporto sovrastrutturato giacché riunisce una pluralità di rapporti obbligatori e ne consente l'estinzione con un unico atto di adempimento cfr. Cass. Civ. n. 2623/87; ex multis Cass. Civ. n. 5082/90.

vi Da segnalare che la giurisprudenza di merito già si era espressa favorevolmente in tal senso cfr Trib. Milano Sez. lavoro, 19/10/2011.

vii Con tale intervento è stato superato l’orientamento espresso dal Ministero del lavoro, con la risposta a interpello. n. 3/2010, che aveva affermato come sussistente la solidarietà per tali sanzioni in quanto aventi natura risarcitoria.

viii Ciò comporta una modifica nella natura dell’obbligazione che da solidale diviene propriamente sussidiaria.

ix Benché quanto esposto nel corpo dell’atto assume una valenza oggettiva poiché è ciò che risulta dal testo del provvedimento normativo, occorre avvertire il lettore di non poggiare eccessivamente le proprie convinzioni sul principio di certezza del diritto. Quest’ultimo viene ancora una volta messo a dura prova da un Legislatore frenetico e sempre in vena di cambiamenti; così come da una giurisprudenza che in nome dell’interpretazione invade campi altrui, come ad esempio quello legislativo. E infatti non si è ancora asciugato l’inchiostro sul testo dell’art. 21 comma 1 del D.L. n. 5 cit. che il Senato ha dato il via libera al disegno di legge 3249 "Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” in cui viene apportata un’ulteriore modifica all’art. 29 comma 2 del D.lgs. n. 276 cit.. In particolare nel testo si precisa che la normativa sulla responsabilità solidale negli appalti si applica “salva diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti”. In secondo luogo è stata soppressa la possibilità per il committente chiamato in giudizio di indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore possa soddisfarsi, qualora l’appaltatore non sia convenuto in giudizio. Segnatamente il testo recita che “il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali subappaltatori”.

x Il Tribunale di Sanremo, con ordinanza 8 febbraio 2012, e quindi prima dell’intervento modificativo apportato dall’art. 21 comma 1 del D.L. n. 5 cit., ha sottoposto alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 29, comma 2, con limitato riferimento al profilo consistente nella violazione dell’articolo 76 Costituzione. In particolare, il Giudice remittente ha ritenuto che la disposizione de qua abbia un ambito applicativo eccessivamente vasto rispetto alla delega e introduca “[…] un regime di responsabilità solidale a carico del committente completamente privo di limite circa il quantum […]”.

xi Il Ministero del Lavoro con circolare n. 5 del 2011 ha ritenuto che trattasi di un termine decadenziale.

xii E invero la giurisprudenza di merito ha stabilito che “in relazione alla previsione dell'art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, esso si applica al "committente imprenditore o datore di lavoro": la norma fa infatti riferimento ‘...al committente che è anche datore di lavoro o imprenditore’, nel senso che la responsabilità solidale non si pone in capo al committente di opere o di servizi che non sia imprenditore o datore di lavoro (si pensi al committente privato, senza dipendenti, che stipula un appalto per la costruzione di una casa sul suo terreno); certamente, la norma non richiede che il committente sia datore di lavoro dei lavoratori che invocano la sua responsabilità solidale, perché in questo caso si profilerebbe la sua responsabilità diretta per le obbligazioni retributive verso i propri dipendenti” cfr. Trib. Bologna Sez. lavoro, 08/06/2010.

xiii Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 10/03/2001, n. 3559. In dottrina: “L’abrogazione della procedura sull’esonero della responsabilità solidale del committente” E. Massi in http://www.dplmodena.it/articolo-resp_solidale.pdf.

xiv Nella risposta a interpello n. 35 del 2009 tuttavia il Ministero non aveva assunto una posizione così radicale nei confronti della norma escludendo che la stessa trovasse applicazione nei confronti della Pubblica Amministrazione e non rispetto agli appalti pubblici e segnatamente a rapporto negoziali intercorrenti tra soggetti privati coinvolti nella filiera.

xv La norma stabilisce che “l'affidatario è tenuto ad osservare integralmente il trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni; è, altresì, responsabile in solido dell'osservanza delle norme anzidette da parte dei subappaltatori nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell'ambito del subappalto […]”.

xvi In quest’ultima ipotesi tuttavia deve essere previsto in favore del subappaltatore il pagamento diretto.

xvii L’art. 4 comma 3 del D.P.R. n. 207 precisa che “i pagamenti, di cui al comma 1, eseguiti dai soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), sono provati dalle quietanze predisposte a cura del responsabile del procedimento e sottoscritte dagli interessati”.

xviii Cfr. art. 1 comma 1175 L. n. 296/06

xix Sul pruno deve registrarsi l’orientamento della giurisprudenza a mente del quale “in tema di cosiddette "clausole sociali", benché la sentenza costituzionale n. 226 del 1970 abbia dichiarato l'illegittimità dell'art. 36 l. n. 300 del 1970 nella parte non prevedente che nelle concessioni di pubblico servizio deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per il concessionario di applicare o fare applicare ai lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi della categoria e della zona, non è tuttavia configurabile una efficacia reale della suddetta clausola, e pertanto l'efficacia di essa resta pur sempre condizionata all'effettivo inserimento di tale clausola nel provvedimento di concessione e nei capitolati d'appalto, attesa l'inapplicabilità alla fattispecie dello strumento di integrazione contrattuale di cui all'art. 1339 c.c., poiché gli effetti della sostituzione automatica riguardano solo quelle clausole legali che siano tali da implicare, in base al testo e allo spirito delle norme relative, l'invalidità delle contrarie clausole contrattuali, onde non è possibile procedere alla suddetta sostituzione automatica quando per l'inosservanza del precetto normativo sia prevista una sanzione diversa dalla sostituzione medesima o dall'invalidità della clausola”. Cfr. Cass. civ. Sez. lavoro, 23/04/1999, n. 4070.

xx Come avviene nell'art. 86 comma 9 D.lgs. n. 276 cit. in materia di somministrazione di lavoro a tempo determinato.

xxi La pronuncia si riferisce all’art. 6 del D.lgs. n. 276 cit. “[…] che autorizza le Università pubbliche, i Comuni, le Camere di Commercio e gli istituti di scuola secondaria statale a svolgere attività di intermediazione del personale, e l'art. 76, che abilita le Direzioni provinciali del lavoro, le Province e le Università pubbliche alla certificazione dei contratti di lavorocfr. Trib. Bologna Sez. lavoro, 08/06/2010; conformi: cfr. Trib. Torino Sez. lavoro, 17/05/2011; Trib. Milano Sez. lavoro, 22/01/2010; Corte d'Appello Torino, sent. n. 949/2009 del 22/09/2009; Trib. Milano, 18/11/2008; Trib. Pavia, 29/04/2006.

xxii Ovvero l’azione di risoluzione del contratto in danno ove l’appalto fosse ancora in essere.


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