NCC. Corte costituzionale: illegittimo il blocco delle autorizzazioni
Pubblicato il 22 luglio 2024
In questo articolo:
- Noleggio con conducente: divieto di nuove autorizzazioni incostituzionale
- Contrasto ai Principi di Ragionevolezza e Proporzionalità
- Violazione della Libertà di Iniziativa Economica
- Violazione della Libertà di Stabilimento
- Decreto del MIT: non incide nel giudizio
- I rilievi di incostituzionalità richiamati dalla Corte Costituzionale
- Tabella di sintesi della sentenza
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È costituzionalmente illegittimo il blocco delle autorizzazioni per l'attività di noleggio con conducente (NCC): sì al rilascio di nuove concessioni senza attendere l'operatività del registro informatico.
Noleggio con conducente: divieto di nuove autorizzazioni incostituzionale
Con la sentenza n. 137 del 19 luglio 2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 10-bis, comma 6, del Decreto-legge n. 135/2018, per violazione degli articoli 3, 41, primo e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 49 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea).
Si tratta dell'articolo che prevede la sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente (NCC) fino alla piena operatività di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese titolari di licenza taxi e di autorizzazione NCC.
La Consulta si è così pronunciata rispetto alla questione dalla stessa sollevata (ordinanza n. 35/2024) mentre si trovava ad esaminare il ricorso del Governo contro l’art. 1 della Legge regionale Calabria n. 16/2023, con cui la Regione aveva deciso di ignorare la sospensione e di concedere 200 licenze NCC.
Contrasto ai Principi di Ragionevolezza e Proporzionalità
La Corte Costituzionale, in primo luogo, ha giudicato fondati i rilievi di incostituzionalità della norma statale censurata, con particolare riferimento all’art. 3 della Costituzione, in merito ai principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Secondo la Corte, la disposizione ha causato una distorsione della concorrenza, compromettendo non solo il benessere del consumatore, ma anche l’effettivo godimento di alcuni diritti costituzionali e l’interesse allo sviluppo economico del Paese.
La previsione ha danneggiato la popolazione anziana e fragile, soprattutto nelle metropoli, dove è difficile utilizzare altri servizi di trasporto e dove sono necessarie soluzioni di mobilità per esigenze di cura.
Inoltre, ha compromesso l'accesso a una mobilità veloce per chi viaggia per lavoro e ha danneggiato il turismo e l'immagine internazionale dell'Italia, pregiudicando il raggiungimento dei luoghi di villeggiatura, come evidenziato dalla Regione Calabria.
Violazione della Libertà di Iniziativa Economica
E fondati sono stati giudicati anche i rilievi relativi alla violazione del principio di libertà di iniziativa economica.
La norma censurata, infatti, ha consentito all’autorità amministrativa di erigere una barriera che preclude la concorrenza nel mercato, in contrasto con la libertà garantita dal primo comma dell’art. 41 della Costituzione.
Questo è avvenuto in un settore già caratterizzato da una inadeguata apertura all’ingresso di nuovi soggetti, come più volte evidenziato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Violazione della Libertà di Stabilimento
La Corte, infine, ha ritenuto fondata anche la censura relativa all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in riferimento all’art. 49 TFUE, che garantisce la libertà di stabilimento nei rapporti tra imprese che forniscono il servizio di taxi e quelle autorizzate per il servizio di NCC.
Di fatto, è stato rilevato che la disposizione censurata incide sulla libertà di stabilimento senza un motivo di interesse generale proporzionato.
Decreto del MIT: non incide nel giudizio
Nel testo della decisione, la Corte Costituzionale ha fatto riferimento anche al Decreto ministeriale n. 203/2024 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, adottato dopo l’instaurazione del presente giudizio di costituzionalità. Questo decreto stabilisce la “piena operatività” del registro informatico a decorrere da centottanta giorni dalla sua pubblicazione.
Secondo i giudici costituzionali, l'adozione di tale provvedimento "non ha alcuna incidenza sul presente giudizio, dal momento che le censure sono state prospettate sulla disposizione legislativa in ragione della sua «struttura», a prescindere dalle evenienze «di fatto» e dalle «circostanze contingenti» attinenti alla sua concreta applicazione".
I rilievi di incostituzionalità richiamati dalla Corte Costituzionale
- Ragionevolezza e Proporzionalità (Art. 3 Cost.): La Corte ha ritenuto irragionevole e sproporzionato il blocco delle autorizzazioni per un periodo prolungato senza la concreta operatività del registro informatico.
- Libertà di Iniziativa Economica (Art. 41 Cost.): La disposizione ha eretto un'ingiustificata barriera all'entrata, contraria alla libertà di iniziativa economica garantita dalla Costituzione, senza che vi fosse un motivo di utilità sociale adeguato.
- Libertà di Stabilimento (Art. 117, primo comma, Cost. e Art. 49 TFUE): La Corte ha rilevato che la norma censurata ha posto una restrizione alla libertà di stabilimento senza un motivo imperativo di interesse generale che ne giustificasse la proporzionalità.
Tabella di sintesi della sentenza
Sintesi del Caso | La Corte Costituzionale ha esaminato la legittimità costituzionale dell'art. 10-bis, comma 6, del D.L. n. 135/2018, che sospendeva il rilascio di nuove autorizzazioni per il servizio di noleggio con conducente (NCC) fino alla piena operatività di un registro informatico pubblico nazionale delle imprese. |
Questione Dibattuta | Se la sospensione delle autorizzazioni NCC prevista dall'art. 10-bis, comma 6, del D.L. n. 135/2018, è in contrasto con gli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, e con l'art. 49 TFUE. |
Soluzione della Corte costituzionale | La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma, affermando che il blocco delle autorizzazioni è irragionevole e sproporzionato, creando una barriera ingiustificata all'ingresso nel mercato, violando la libertà di iniziativa economica e di stabilimento. |
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