Mandato d'arresto europeo: le garanzie di chi risiede solo per chi prova la stabile permanenza

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Ai fini dell'applicazione delle garanzie di cui all'articolo 19, lettera c) della Legge 22 aprile 2005 n. 69, lo straniero in Italia deve dimostrare che vive e lavora stabilmente nel nostro Paese. Non è sufficiente, quindi, che lo stesso fornisca la semplice documentazione anagrafica.

E' questo il principio statuito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 2018 del 18 gennaio 2010, in una vicenda in cui un uomo rumeno si era opposto, fino a giungere al giudizio di legittimità, ad un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità dei Balcani sulla base di una condanna a tre anni di reclusione per concorso in furto aggravato. Nel convalidare il mandato, la Corte ha precisato come per poter considerare sussistente il requisito della residenza in Italia - requisito necessario affinchè, ai sensi dell'art. 19 citato, la consegna sia subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente pronunciate - “occorre che sia dimostrato che l'interessato non soltanto abbia la sua dimora abituale in un determinato luogo del nostro paese, ma intenda permanervi stabilmente, con ciò stabilendo un radicamento nel territorio nazionale, dovendosi escludere, in particolare, che possano di per sé risultare idonee a comprovare la sussistenza del requisito richiesto dalla legge le certificazioni anagrafiche, aventi un valore meramente indiziario”.
Anche in
  • ItaliaOggi, p. 20 – La residenza non stoppa il mandato d'arresto europeo - Alberici

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