Le visite personali di controllo

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Le visite personali di controllo

Le ispezioni sul lavoratore sono ammesse, ai sensi dell’art. 6, Legge n. 300/1970, solo se indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti. Il presente contributo analizza la norma in questione soffermandosi ad analizzare l’accordo sindacale, i limiti, il consenso, la selezione dei lavoratori da ispezionare, cosa è possibile ispezionare e l’apparato sanzionatorio.


Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate dall’art. 6, Legge n. 300/1970, fuorché nei casi in cui non siano indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti.

Come chiarito recentemente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’indagine sulla sussistenza di tale requisito, secondo la giurisprudenza prevalente, deve essere svolta in maniera particolarmente rigorosa, considerando le seguenti condizioni:

  • l’intrinseca qualità (con diverse possibili valenze: segretezza, pericolosità, elevato valore economico e/o agevole asportabilità) degli strumenti di lavoro o delle materie prime o dei prodotti;

  • l’impossibilità di prevenire i furti se non attraverso le perquisizioni personali (laddove, ad esempio, non sia possibile ricorrere ad adeguate registrazioni dei movimenti delle merci ovvero all’adozione di misure atte a disincentivare gli ammanchi ed a favorire, invece, la condotta diligente e fedele dei dipendenti).

ATTENZIONE

Le visite personali di controllo devono costituire l’ultima scelta per il datore di lavoro, dopo che lo stesso abbia valutato tutti i mezzi alternativi di controllo tecnicamente e legalmente attuabili (Cassazione sentenza n. 5902 del 19.11.1984).


Nei suddetti casi le ispezioni sul lavoratore sono ammesse purché:

  • siano eseguite all’uscita dei luoghi di lavoro;

  • siano salvaguardate la sua dignità e riservatezza;

  • avvengano con l’applicazione di sistemi di selezione automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.

Le ipotesi in cui possono essere disposte le visite personali, nonché le relative modalità debbono essere concordate dal datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali; tuttavia in difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede la Direzione Territoriale del Lavoro.

ATTENZIONE

I provvedimenti emanati dalle DTL sono impugnabili in via gerarchica dal datore di lavoro, dalle rappresentanze sindacali aziendali oppure dai sindacati dei lavoratori, firmatari dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento.


Accordo sindacale

Per giurisprudenza (Cassazione sentenza n. 5902 del 19.11.1984), l’accordo tra il datore di lavoro e le RSA ed il provvedimento della Direzione Territoriale del Lavoro è soggetto al controllo del giudice per quanto concerne:

  • l’effettiva sussistenza del requisito della indispensabilità delle visite;

  • l’osservanza o meno dei limiti imposti dalla necessità del rispetto della riservatezza personale.

I limiti

La Corte di Cassazione, con la già citata sentenza n. 5902/1984, ha chiarito che le visite personali di controllo, anche qualora siano assolutamente indispensabili ai fini della tutela del patrimonio aziendale, non possono essere tali da valicare i limiti della riservatezza personale, del riserbo e dell’intimità dell’individuo.

ATTENZIONE

Sono vietate forme di perquisizione o ispezione tali da creare nel dipendente un senso di particolare disagio e di degradazione psicologica.

In caso contrario il lavoratore può rifiutarsi e non può essere soggetto ad alcuna sanzione disciplinare.


Il consenso

Si ritiene che, anche in presenza di accordo sindacale o autorizzazione amministrativa, per le visite personali di controllo sia necessario il consenso del lavoratore da sottoporre ad “ispezione”, altrimenti si incorrerebbe nel reato di violenza personale (art. 610 c.p.).

Sempre per la Cassazione, al mancato consenso del lavoratore può seguire una sanzione disciplinare purché tale possibilità sia prevista dall’accordo tra datore di lavoro e RSA o, almeno, non sia vietata dallo stesso.

L’ispezione

La giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenza n. 1461 del 10 febbraio 1988) ha affermato che l’accordo sindacale è necessario per stabilire le regole per perquisire la persona del dipendente e non è richiesto per sottoporre a perquisizione i suoi effetti personali, come borse o bagaglio in genere.

La giurisprudenza di merito più recente, come sottolineato dallo stesso Ministero del Lavoro, ha esteso l’area dei c.d. diritti della personalità e la protezione accordata alla sfera personale del lavoratore, superando il suddetto indirizzo e ricomprendendo nella procedura autorizzatoria per le visite personali di controllo anche l’ispezione degli oggetti di proprietà del lavoratore, quali borse, zaini, ed accessori simili (Pretura di Milano 22 gennaio 1987; Pretura Penale di Pordenone 8 febbraio 1997).

ATTENZIONE

Ai sensi dell’art. 6, Legge n. 300/1970, l’accordo sindacale o la procedura autorizzatoria amministrativa, riguardano esclusivamente i controlli nei confronti dei lavoratori, e non si estendono ai controlli nei confronti dei visitatori, che sono ricompresi nell’alveo generale dell’art. 13 Cost.


Inoltre, come sottolineato nella citata nota ministeriale, anche se si accoglie un’accezione molto ampia della nozione di “visita personale”, tale da ricomprendere gli effetti personali del lavoratore, il controllo degli armadietti – che costituiscono spazi che sono di proprietà aziendale anche se posti nell’esclusiva disponibilità del lavoratore – è fuori dall’ambito dell’art. 6 dello Statuto dei Lavoratori.

La selezione

Lo Statuto dei Lavoratori richiede che le visite personali di controllo sui dipendenti avvengano a seguito di una selezione automatica.

Per dottrina tale previsione legislativa è volta ad evitare comportamenti datoriali vessatori e/o discriminatori.

La sanzione

La violazione dell’art. 6, Legge n. 300/70, è punita, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, con l’ammenda da euro 154 ad euro 1549 o arresto da 15 giorni ad un anno.

ATTENZIONE

All’ipotesi base è applicabile l’istituto della prescrizione obbligatoria disciplinato dall’art. 15 del D.Lgs. n. 124/2004, per cui qualora il datore di lavoro, a seguito di prescrizione, cessi la condotta illecita, viene ammesso al pagamento di una sanzione pari ad euro 387,25.


Quando, per le condizioni economiche del reo, l’ammenda può presumersi inefficace anche se applicata nel massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.

Nei casi più gravi le pene dell'arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente e l’Autorità Giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’articolo 36 c.p.


 

Quadro delle norme

Art. 13 Cost.

Artt. 36 e 610 c.p.

Legge n. 300/1970

D.Lgs. n. 124/2004

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nota del novembre 2016

Corte di Cassazione, sentenza n. 5902 del 19.11.1984

Pretura di Milano 22 gennaio 1987

Corte di Cassazione, sentenza n. 1461 del 10 febbraio 1988

Pretura Penale di Pordenone 8 febbraio 1997

 

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