Lavoro intermittente, la contrattazione collettiva non può vietarlo
Pubblicato il 15 febbraio 2021
In questo articolo:
- Effetti della sentenza sull’autotrasporto
- Cos’è il contratto di lavoro intermittente
- Per quali attività è ammesso e chi sono i soggetti interessati
- Caratteristiche e limiti
- Comunicazione all’INL
- Retribuzione e indennità di disponibilità
- Aspetti previdenziali
- Computo dei lavoratori intermittenti ai fini della determinazione della forza aziendale
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Adeguandosi alla giurisprudenza di Cassazione (vedi la sentenza n. 29423 del 13 novembre 2019) l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la circolare n. 1 dell’8.2.2021, chiarisce che la contrattazione collettiva è chiamata a individuare le esigenze che giustificano il ricorso al lavoro intermittente ma non ha il potere di impedire l’utilizzo di tale tipologia di lavoro. Il nuovo pronunciamento rende superato l’interpello del Ministero del lavoro n. 37 del 2008.
La sentenza citata evidenzia che l’art. 34, comma 1, d.lgs n. 276 del 2003, si limita a demandare alla contrattazione collettiva l’individuazione delle esigenze per le quali è consentita la stipula di un contratto a prestazioni discontinue, ma non riconosce alle parti sociali il potere di impedire l’utilizzo di tale tipologia contrattuale.
Il compito delle parti sociali è, infatti, esclusivamente quello di individuare nell’ambito del settore di riferimento quelle situazioni o quelle attività discontinue per le quali meglio si adatta il particolare rapporto di lavoro intermittente.
Effetti della sentenza sull’autotrasporto
Qualora gli Ispettori dell’INL si trovino in presenza di lavoro intermittente in un settore nel quale la contrattazione collettiva non lo ammette, non possono trasformare il rapporto ma devono verificarne la compatibilità in ordine ai requisiti oggettivi e cioè lo svolgimento di attività individuate nella tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923 e ai requisiti soggettivi dei lavoratori, vale a dire, con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, e con più di 55 anni.
Il pronunciamento dell’Ispettorato sul potere della contrattazione collettiva ha riflessi anche sull’utilizzo del lavoro intermittente nel settore dell’autotrasporto.
La contrattazione collettiva del settore non contiene disposizioni regolatrici del lavoro intermittente, pertanto, l’INL si è chiesto se e in che modo tale tipologia di lavoro possa essere utilizzata nel settore dell’autotrasporto.
Al riguardo, l’Ispettorato evidenzia che anche in questo settore occorre rifarsi alla tabella allegata al R.D. n. 2657 del 1923. In particolare, stante le attività del settore, l’unica che possa essere considerata discontinua, nella quale quindi è possibile l’utilizzo di personale con contratto di lavoro intermittente, è il carico e lo scarico, con esclusione delle altre attività ivi comprese quelle svolte dal personale con qualifica di autista.
Cos’è il contratto di lavoro intermittente
Il contratto di lavoro intermittente è un contratto di lavoro subordinato mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro per svolgere prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, anche per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno. Il contratto di lavoro intermittente è previsto in due forme: con o senza obbligo di corrispondere una indennità di disponibilità, a seconda che il lavoratore scelga di essere o meno vincolato alla chiamata.
Trattandosi di una speciale tipologia di rapporto di lavoro subordinato, non trova a esso applicazione, neanche per analogia, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale (Circolare INPS n. 17 del 8.2.2006).
Per quali attività è ammesso e chi sono i soggetti interessati
In linea generale è la contrattazione collettiva che individua le esigenze di utilizzo di tale modalità di lavoro. In mancanza di regolamentazione contrattuale, ovvero nel caso in cui la contrattazione collettiva ne vieti esplicitamente l’utilizzo come chiarito dalla circolare n. 1/2021 dell’INL, il lavoro intermittente può essere effettuato per le attività indicate dalla tabella allegata al Regio Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657.
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato solo da soggetti che non abbiano compiuto ventiquattro anni di età, fermo restando che le prestazioni devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età, ovvero da lavoratori con più di cinquantacinque anni di età.
Per ciascun lavoratore il contratto di lavoro intermittente è ammesso per un periodo complessivamente non superiore alle 400 (quattrocento) giornate di effettivo lavoro nell’arco di tre anni solari. In caso di superamento del tetto, il rapporto intermittente si trasforma in rapporto a tempo pieno e indeterminato. Il limite non si applica nei settori del turismo e dei pubblici esercizi e dello spettacolo.
Per la determinazione del triennio di riferimento, a partire dal giorno in cui si chiede la prestazione si va a ritroso di tre anni e all’interno di tale periodo si contano le giornate di utilizzo (Circolare Ministero del Lavoro n. 35/2013).
Caratteristiche e limiti
Il contratto di lavoro intermittente deve avere la forma scritta e può essere stipulato a tempo determinato o indeterminato. Non è possibile ricorrere al lavoro intermittente per la sostituzione di lavoratori in sciopero e presso unità produttive nelle quali si è fatto ricorso nei sei mesi precedenti a una procedura di licenziamento collettivo, ovvero è in corso una sospensione o riduzione d'orario con cassa integrazione per le stesse unità produttive e/o mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente.
Per quanto riguarda i requisiti delle imprese, il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato da qualunque impresa a eccezione di quelle che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi. E’ importante ricordarsi che non è sufficiente che vi sia il DVR ma, ai fini dell’attivazione dei contratti di lavoro intermittente, è necessario che il DVR sia attuale e adeguato alle condizioni strutturali, logistiche e organizzative della realtà aziendale (Ministero del lavoro, circolare n. 20 del 1.8.2012). La mancanza o l’inadeguatezza del DVR comporta la trasformazione del contratto di lavoro intermittente in contratto di lavoro ordinario.
Il rapporto di lavoro intermittente non è compatibile con alcun tipo di assunzione agevolata.
Comunicazione all’INL
Prima dell'inizio della prestazione lavorativa ovvero di "un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni", i datori di lavoro hanno l’obbligo di effettuare una comunicazione all’INL mediante posta elettronica o SMS. La comunicazione, anche se effettuata lo stesso giorno in cui viene resa la prestazione lavorativa, dovrà intervenire prima dell'inizio della stessa.
La comunicazione potrà essere modificata o annullata attraverso l'invio di una successiva comunicazione di rettifica da inviare sempre prima dell'inizio della prestazione ovvero, nel caso in cui il lavoratore non si presenti, entro le 48 ore successive al giorno in cui la prestazione doveva essere resa. In assenza di modifiche si presume che la prestazione sia stata effettivamente resa e su di essa graveranno i connessi obblighi retributivi e contributivi.
Retribuzione e indennità di disponibilità
Al lavoratore intermittente deve essere garantito un trattamento economico pari a quello spettante ai lavoratori di pari livello e mansione, seppur riproporzionato in base all'attività realmente svolta. Per i periodi di inattività non ci sono obblighi retributivi. Qualora invece il lavoratore, durante i periodi di inattività si sia obbligato a rispondere alla chiamata, spetta un'indennità mensile, divisibile in quote orarie, stabilite dai contratti collettivi.
L’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo, pertanto non entra nel computo del TFR, della tredicesima e quattordicesima mensilità.
Aspetti previdenziali
Sulle ore di lavoro prestato è dovuta l’ordinaria contribuzione previdenziale che soggiace alle regole generali previste per la generalità dei lavoratori in ordine alla sua determinazione e al rispetto dei minimali giornalieri di retribuzione a parità di orario di lavoro svolto.
Sull’indennità di disponibilità invece, il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi per il loro effettivo ammontare, senza sottostare al rispetto dei minimali di retribuzione. Ai fini pensionistici, il lavoratore potrà integrare la contribuzione sull’indennità di disponibilità fino a un importo convenzionale pari alla retribuzione settimanale necessaria per l’accredito dei contributi obbligatori.
Computo dei lavoratori intermittenti ai fini della determinazione della forza aziendale
Per i lavoratori intermittenti non possono essere utilizzate per analogia le regole del proporzionamento previste per il tempo parziale. Ai fini del calcolo della forza aziendale, il prestatore di lavoro intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre, escludendo quindi le ore in cui il lavoratore resta in disponibilità.
Questo metodo di computo, in sostanza, fa “planare” sul mese corrente le unità lavorative derivanti dal conteggio delle ore di lavoro intermittente svolte nei sei mesi precedenti.
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