Lavoratrice madre, interdizione ante/post partum: vademecum INL
Pubblicato il 10 luglio 2025
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Il legislatore (artt. 6, 7 e 17 del D.Lgs. n. 151/2001) dispone, a tutela della salute della lavoratrice madre e della prole, il divieto di adibizione al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché a lavori pericolosi, faticosi ed insalubri.
Spetta all’Ispettorato del lavoro territorialmente competente, individuato in base alla provincia corrispondente al luogo di lavoro cui è adibita la lavoratrice, autorizzare l'astensione dal lavoro adottando il provvedimento di interdizione ante/post partum. Quale iter procedurale seguire?
A fornire chiarimenti è l'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con la nota prot. n. 5944 dell'8 luglio 2025, provvedendo, in aggiunta, a trasmettere gli esempi di modello di provvedimento di interdizione, ante e post partum e a disegnare una panoramica (seppure dichiaratamente non esaustiva) delle attività lavorative che risultano particolarmente pericolose e faticose, al fine di agevolare l’istruttoria amministrativa.
Presentazione dell'istanza
La richiesta di interdizione dal lavoro può essere avanzata sia dalla lavoratrice sia dal datore di lavoro, utilizzando la modulistica disponibile nell’apposita sezione del portale INL, integrata con la seguente documentazione: copia del documento di identità, certificato medico che attesti lo stato di gravidanza (con indicazione della data presunta del parto), o autocertificazione di nascita nel caso di interdizione post-partum. Inoltre, è necessario fornire l’indicazione della mansione svolta dalla lavoratrice.
Nel caso in cui sia il datore di lavoro a presentare l'istanza, è fondamentale che indichi l'impossibilità di adibire la lavoratrice a mansioni alternative, sulla base di elementi tecnici attinenti all’organizzazione dell’azienda.
Inoltre, il datore di lavoro è tenuto a specificare i lavori faticosi, pericolosi o insalubri a cui la lavoratrice potrebbe essere esposta ex allegati A e B del D.Lgs. n. 151/2001 e vietati ai sensi all’art. 7 commi 1 e 2 del medesimo decreto legislativo, nonché un estratto del documento di valutazione dei rischi (DVR), per le lavoratrici di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 151/2001 (Allegato C)
Fase istruttoria
Nel corso della fase istruttoria, l'Ispettorato territoriale valuta la documentazione fornita e la validità dei presupposti legittimanti la richiesta di interdizione.
Come sottolineato dalla nota prot. n. 5944 dell'8 luglio 2025, l’ITL verifica che siano soddisfatti i requisiti stabiliti dall'art. 17, comma 2 del D.Lgs. n. 151/2001, in particolare che le condizioni di lavoro siano ritenute pregiudizievoli per la salute della donna e del bambino e che non sia possibile spostare la lavoratrice ad altre mansioni compatibili con il suo stato, anche inferiori purché a parità di retribuzione.
Fase valutativa
Nella successiva fase valutativa, l'ufficio competente è tenuto ad accertare che la lavoratrice svolga lavori vietati e indicati negli Allegati A (art. 7 co.1), B (art. 7 co 2) e C (art. 11 co 1) del D.Lgs. n. 151/2001.
A tal riguardo, l’INL sottolinea che l'adibizione a mansioni di sollevamento pesi o trasporto costituisce una condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela, senza la necessità di una valutazione aggiuntiva e con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione, ferma restando la valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.
NOTA BENE: L’INL chiarisce che per “carico” si intende un peso superiore ai 3 Kg che venga movimentato in via non occasionale nella giornata lavorativa tipo. Per spostamenti di pesi inferiori ai 3 kg non si applicano i criteri relativi alla movimentazione manuale carichi; in tale contesto vanno valutati altri rischi quali la stazione eretta, le posture incongrue, i ritmi lavorativi.
Esame del DVR in casi specifici
Nei casi di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 151/2001, con particolare riferimento ai rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all'allegato C, la fase valutativa dovrà partire dall’esame dello stralcio del DVR esibito e dovrà necessariamente contemplare anche una valutazione oggettiva, volta per volta, afferente all’ambiente, all’orario di lavoro, alla mansione e allo svolgimento in concreto della prestazione lavorativa.
I risultati della valutazione dei rischi devono essere comunicati a tutte le lavoratrici e ai rappresentanti per la sicurezza.
Se la valutazione del rischio indica un rischio per la sicurezza e la salute della lavoratrice, il datore di lavoro è tenuto a prendere le misure necessarie per eliminare o ridurre l'esposizione al rischio. Tali misure comprendono la modifica temporanea delle condizioni o dell’orario di lavoro e lo spostamento della lavoratrice ad altro reparto/mansione non pregiudizievole al suo stato. Qualora non siano attuabili, il datore di lavoro deve tempestivamente richiedere l'interdizione dal lavoro tramite una specifica istanza all'Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) competente.
Fase procedurale
Il provvedimento di interdizione deve essere emanato entro 7 giorni dalla ricezione della documentazione completa (cfr. art. 18, comma 2), costituendo tale adempimento il presupposto necessario affinché la lavoratrice si astenga dal lavoro.
Si precisa che il termine di 7 giorni per l’adozione del provvedimento di interdizione inizia a decorrere dal giorno successivo alla ricezione della documentazione completa. Pertanto, in caso di richiesta di integrazione, il termine di sette giorni inizierà a decorrere dal giorno successivo a quello in cui l'Ufficio riceve la documentazione integrativa.
L'astensione dal lavoro non può decorrere dal momento di presentazione dell'istanza o di conclusione dell'istruttoria, bensì dalla data di adozione del provvedimento stesso, come previsto dalle circolari interpretative dell'INL.
Il provvedimento deve essere trasmesso tempestivamente dall'Ufficio territoriale competente alla lavoratrice, al datore di lavoro, e, se necessario, all'Istituto assicuratore, al fine di garantire l'erogazione del trattamento economico.
Nel caso in cui l’Ufficio decida di non accogliere la richiesta di interdizione, deve comunicare i motivi ostativi all'accoglimento dell’istanza.
L’INL raccomanda di preferire la trasmissione via e-mail o PEC (posta elettronica certificata) per comunicare i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, riducendo i tempi rispetto all'utilizzo della raccomandata A/R.
Spostamento ad altra mansione
L’INL ricorda infine, alla luce delle indicazioni ministeriali (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interpello prot. n. 6584 del 28/11/2006 e nota prot. n. 7553 del 2013) che:
- il concetto di spostamento ad altra mansione non deve essere interpretato in senso assoluto, cioè nel caso in cui il datore di lavoro non abbia alcuna mansione alternativa per la lavoratrice. Piuttosto, deve essere inteso in senso relativo, cioè quando una mansione alternativa, pur esistendo, risulta onerosa per la lavoratrice e poco utile per l’organizzazione aziendale;
- il datore di lavoro ha un potere esclusivo nella valutazione della fattibilità dello spostamento. Questo potere si basa sulla sua conoscenza diretta dell'organizzazione aziendale, che gli consente di stabilire se una mansione alternativa è effettivamente compatibile con la struttura e gli obiettivi aziendali.
Di conseguenza, la valutazione dell’impossibilità di spostare la lavoratrice ad altra mansione compete esclusivamente al datore di lavoro, il quale deve tenere conto della necessità di non compromettere l'efficienza dell'azienda o le sue finalità economiche.
Nel caso in cui l’Ufficio sia chiamato a verificare la veridicità di quanto dichiarato dal datore di lavoro riguardo alla impossibilità di spostamento, tale accertamento sarà considerato eccezionale e applicato solo nei casi particolari. Qualora l'Ufficio decida di non accogliere la richiesta di spostamento, dovrà motivare adeguatamente il provvedimento di diniego.
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