La responsabilità del Comune per randagismo
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 12 giugno 2010
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E' stato accolto, con rinvio, dai giudici della Terza sezione penale della Cassazione – sentenza n. 10190/2010 – il ricorso presentato da una donna che chiedeva di essere risarcita dal Comune per i danni subiti a seguito dell'aggressione di un cane randagio, lungo una via comunale.
Per la Cassazione, in particolare, i giudici di merito nell'escludere la responsabilità del Comune, erano incorsi nella violazione delle norme di legge sul randagismo, che impongono ai Comuni di assumere provvedimenti per evitare che gli animali randagi arrechino disturbo alle persone, nelle vie cittadine. Non solo. Le motivazioni utilizzate per negare la responsabilità del Comune erano intrinsecamente illogiche ed antigiuridiche nella parte in cui ritenevano che la tarda età della vittima e la piccola taglia del cane valessero a porre a carico della danneggiata l'intera responsabilità dell'incidente. Infine, risultavano fondare le censure di insufficiente motivazione della decisione impugnata in quanto in essa non era stato tenuto conto che “l'eventuale debolezza o lo scarso controllo dei propri movimenti da parte della vittima non potevano valere di per sé ad escludere il nesso causale fra l'illecito e il danno, salvo che si dimostri che tali condizioni fossero di tale gravità da potersi considerare sufficienti da sole a produrre l'evento”.
Per la Cassazione, in particolare, i giudici di merito nell'escludere la responsabilità del Comune, erano incorsi nella violazione delle norme di legge sul randagismo, che impongono ai Comuni di assumere provvedimenti per evitare che gli animali randagi arrechino disturbo alle persone, nelle vie cittadine. Non solo. Le motivazioni utilizzate per negare la responsabilità del Comune erano intrinsecamente illogiche ed antigiuridiche nella parte in cui ritenevano che la tarda età della vittima e la piccola taglia del cane valessero a porre a carico della danneggiata l'intera responsabilità dell'incidente. Infine, risultavano fondare le censure di insufficiente motivazione della decisione impugnata in quanto in essa non era stato tenuto conto che “l'eventuale debolezza o lo scarso controllo dei propri movimenti da parte della vittima non potevano valere di per sé ad escludere il nesso causale fra l'illecito e il danno, salvo che si dimostri che tali condizioni fossero di tale gravità da potersi considerare sufficienti da sole a produrre l'evento”.
- ItaliaOggi, p. 20 – Randagi, il Comune paga i danni – Santi
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