La Consulta conferma l’incompatibilità tra avvocato e dipendente pubblico part-time
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 28 giugno 2012
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La Consulta, con la sentenza n. 166 del 27 giugno 2012, ha dichiarato l’infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento agli articoli 1 e 2 della legge n. 339/2003 (Norme in materia di incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato), per asserita violazione agli articoli 3, 4, 35 e 41 della Costituzione, sia in riferimento al parametro della ragionevolezza intrinseca di cui all’articolo 3, secondo comma, della Costituzione.
Secondo i giudici remittenti, in particolare, le disposizioni che non consentono più l'esercizio della professione forense ai dipendenti pubblici part-time con orario fino al 50% rispetto a quello a tempo pieno, porterebbero a violare il legittimo affidamento riposto dai soggetti che già si trovavano nello stato di avvocati e dipendenti pubblici part-time nella possibilità di proseguire nel tempo nel mantenimento di tale duplice stato.
Per la Corte costituzionale, tuttavia, “il descritto regime di tutela, lungi dal tradursi in un regolamento irrazionale lesivo dell’affidamento maturato dai titolari di situazioni sostanziali legittimamente sorte sotto l’impero della normativa previgente, è da ritenere assolutamente adeguato a contemperare la doverosa applicazione del divieto generalizzato reintrodotto dal legislatore per l’avvenire (con effetto, altresì, sui rapporti di durata in corso) con le esigenze organizzative di lavoro e di vita dei dipendenti pubblici a tempo parziale, già ammessi dalla legge dell’epoca all’esercizio della professione legale”.
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