La certificazione dopo il Jobs Act
Pubblicato il 03 settembre 2015
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Il D.Lgs. n. 81/2015 – recante una disciplina organica dei contratti di lavoro e la revisione della normativa in tema di mansioni - ha previsto particolari casi in cui i datori di lavoro ed i lavoratori possono rivolgersi alle Commissioni di certificazione, che si vanno ad aggiungere a quelli già previsti dal D.Lgs. n. 276/2003 ovvero la certificazione:
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dei contratti di lavoro e/o delle singole clausole;
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delle rinunzie e transazioni di cui all'articolo 2113 c.c.;
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degli appalti;
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dei regolamenti interni delle cooperative riguardanti la tipologia dei rapporti di lavoro attuati o che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori.
Le co.co.co.
Ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2015, a far data dall’1 gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo di lavoro.
Posto che si tratta di una presunzione di subordinazione di tipo relativo, i datori di lavoro possono fare ricorso alla certificazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, rivolgendosi alle commissioni di cui all'articolo art. 76, D.Lgs. n. 276/2003, per far, appunto, “certificare” l'assenza dei requisiti di eterodeterminazione della prestazione lavorativa.
In realtà, nel caso di specie, non si tratta di una novità ma di una conferma.
Specifica la norma che, durante la procedura, il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro (art. 2, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015).
Le mansioni
L’art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, ha sostituito l’art. 2103, c.c., prevedendo che il lavoratore debba essere adibito alle mansioni per le quali sia stato assunto o a quelle corrispondenti all'inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
E’, invece, ammesso il demansionamento (livello di inquadramento inferiore ma stessa categoria legale) in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidano sulla posizione del lavoratore.
Ulteriori ipotesi di demansionamento possono essere previste dai contratti collettivi.
L’altro caso in cui è ammissibile il ricorso alle Commissioni di certificazione è relativa proprio al mutamento delle mansioni.
Il legislatore ha, infatti, previsto la possibilità di ricorrere alla certificazione in caso di stipula di accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita.
Anche in questo caso il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Le clausole elastiche nel lavoro part-time
L’art. 6, comma 6, del più volte citato D.Lgs. n. 81/2015, prevede che, qualora il contratto collettivo applicato al rapporto non disciplini le clausole elastiche nel rapporto di lavoro part-time, queste possano essere pattuite per iscritto dalle parti avanti alle Commissioni di certificazione, fermo restando la facoltà per il lavoratore di farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Le suddette clausole elastiche prevedono, a pena di nullità, le condizioni e le modalità con le quali il datore di lavoro, con preavviso di due giorni lavorativi, possa modificare la collocazione temporale della prestazione e variarne in aumento la durata, nonché la misura massima dell'aumento, che non può eccedere il limite del 25% della normale prestazione annua a tempo parziale.
La stabilizzazione
Il Jobs Act ha previsto una sanatoria in favore dei datori di lavoro privato che assumeranno, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato:
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soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto;
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soggetti titolari di partita IVA con cui abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo;
a condizione che
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i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedi di cui all'articolo 2113 c.c., quarto comma, o avanti alle Commissioni di certificazione;
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nei dodici mesi successivi alle assunzioni a tempo indeterminato, i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.
L’assunzione comporterà l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente all’assunzione.
Quindi, anche per la stabilizzazione è prevista la possibilità di ricorso alle Commissioni di certificazione.
I vantaggi della certificazione
Con riferimento al ricorso alle Commissioni in questione, si ricorda che la certificazione “cristallizza” quanto certificato nell’apposito provvedimento, in quanto:
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le parti non possono contestare l’atto di certificazione, salva la possibilità di impugnazione davanti all’Autorità Giudiziaria;
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gli effetti dell’accertamento della Commissione di certificazione permangono anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili.
Chi può certificare
Sono organi abilitati alla certificazione, le apposite Commissioni istituite presso:
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gli Enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quando la Commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
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le Direzioni Territoriali del Lavoro ed in particolare le Commissioni istituite presso la DTL nella cui circoscrizione si trova l’azienda o una sua dipendenza alla quale sarà addetto il lavoratore;
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le Province;
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le Università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate in un apposito albo, che hanno competenza nazionale;
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la Direzione Generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del Lavoro – solo nei casi in cui il datore di lavoro abbia le proprie sedi di lavoro in almeno due Province anche di Regioni diverse ovvero per quei datori di lavoro con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla Commissione di certificazione in questione;
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i Consigli Provinciali dei Consulenti del Lavoro, esclusivamente per i contratti di lavoro instaurati nell'ambito territoriale di riferimento.
E’ ammessa anche la costituzione di Commissioni unitarie di certificazione.
Quadro delle norme |
Articoli 2103 e 2113 c.c. D.Lgs. n. 276/2003 D.Lgs. n. 81/2015 |
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