La Cassazione sulla tempestività della revoca del licenziamento
Pubblicato il 19 giugno 2024
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E' legittima la revoca del licenziamento effettuata entro i termini di legge, in virtù del principio di scissione degli effetti dell'atto.
Per il datore di lavoro, quindi, è sufficiente inviare la revoca entro il termine di quindici giorni dall’impugnativa del recesso, senza necessità che il lavoratore la riceva entro lo stesso termine.
Revoca del licenziamento da parte del datore: tempestiva?
Il caso esaminato
Con ordinanza n. 16630 del 14 giugno 2024, la Sezione Lavoro della Corte di cassazione si è occupata del caso di una dipendente, licenziata due volte dalla sua azienda.
Il licenziamento era stato comminato, prima, per giustificato motivo oggettivo e, poi, per giusta causa, dopo che la lavoratrice non si era presentata al lavoro in seguito alla revoca del primo licenziamento.
La questione centrale, oggetto del contendere, era se la revoca del licenziamento da parte del datore di lavoro fosse da considerare tempestiva, ovvero se il licenziamento fosse stato annullato in modo conforme alle normative vigenti.
La Corte d'Appello, considerando valida la data di invio del telegramma contenente la revoca e non la data di ricezione da parte della lavoratrice, aveva ritenuto che la revoca fosse stata tempestiva.
La decisione della Corte di cassazione
La Corte di cassazione ha confermato le conclusioni della Corte di gravame, rigettando il ricorso promosso dalla dipendente.
Tempestività della revoca
Secondo gli Ermellini, la revoca del licenziamento era da considerare tempestiva, poiché effettuata entro i quindici giorni previsti dalla normativa di riferimento (art. 18, comma 10 della Legge n. 300/1970).
La Corte ha stabilito che ciò che conta è la data di invio della revoca da parte del datore di lavoro, non la data di ricezione da parte del lavoratore.
Questo sulla base dell principio di "scissione degli effetti dell'atto", ritenuto applicabile anche alla revoca del licenziamento.
Diritto potestativo del datore di lavoro
Nella disamina, la Suprema corte ha evidenziato come la revoca del licenziamento va considerata un diritto potestativo del datore di lavoro.
Questo diritto consente al datore di lavoro di modificare unilateralmente la situazione giuridica del lavoratore, ripristinando il rapporto di lavoro senza necessità di accettazione da parte del lavoratore stesso.
La revoca del licenziamento - si legge nella decisione - è una sorta di “autotutela” esercitabile dal datore di lavoro.
Essa determina il ripristino ex tunc del rapporto, senza che sia necessario il concorso di una analoga manifestazione di volontà da parte del lavoratore in tal senso.
Esclusione del risarcimento danni
In tale contesto, l'esercizio del diritto di revoca entro i termini previsti non comporta l'obbligo di risarcimento danni al lavoratore, poiché la normativa non prevede limitazioni specifiche oltre alla tempestività dell'atto di revoca.
Decisione della Corte d'Appello confermata
La Cassazione, in definitiva, ha confermato la decisione della Corte d'Appello, rigettando il ricorso della dipendente e condannandola al pagamento delle spese processuali.
Tabella di sintesi dell'ordinanza
Sintesi del caso | Dipendente licenziata due volte dalla stessa azienda: prima per giustificato motivo oggettivo e poi per giusta causa dopo che non si era presentata al lavoro in seguito alla revoca del primo licenziamento. |
Questione dibattuta | Tempestività della revoca del licenziamento: se fosse valida la data di invio del telegramma di revoca o la data di ricezione dello stesso da parte della lavoratrice. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La revoca del licenziamento è tempestiva se inviata entro quindici giorni dalla comunicazione dell'impugnazione del licenziamento, indipendentemente dalla data di ricezione da parte del lavoratore. La revoca è considerata un diritto potestativo del datore di lavoro che non necessita di accettazione da parte del lavoratore e non comporta risarcimento danni se esercitata nei termini di legge. |
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