La Cassazione sulla nozione di residenza
Pubblicato il 16 febbraio 2021
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La nozione di residenza di una persona, rilevante ai fini della sua conservazione e per ottenere per la prima volta l'iscrizione nelle liste anagrafiche di un determinato comune, è determinata dalla abituale e volontaria dimora in un determinato luogo.
Dimora che si caratterizza per la permanenza, in tale luogo, per un periodo prolungato apprezzabile, anche se non necessariamente prevalente sotto un profilo quantitativo (cosiddetto elemento oggettivo) e dall'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita ed allo svolgimento delle normali relazioni, sociali familiari e affettive (cosiddetto elemento soggettivo).
Questa stabile permanenza sussiste anche quando una persona lavori o svolga altra attività fuori dal comune di residenza, purché torni presso la propria abitazione abitualmente, in modo sistematico, una volta assolto i propri impegni lavorativi o di studi e sempre che mantenga il centro delle proprie relazioni, familiari e sociali.
Dimora abituale: leale collaborazione delle parti nella verifica
La verifica della sussistenza del requisito della dimora abituale in capo a chi richiede l'iscrizione anagrafica in un Comune deve avvenire da parte degli organi a ciò preposti con modalità concrete che, pur non previamente concordate, si concilino con l'esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni in virtù del principio di leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato.
Nelle predette ipotesi, è onere di chi richiede la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui.
Sono i principi enunciati dalla Prima sezione civile di Cassazione, con ordinanza n. 3841 del 15 febbraio 2021 in tema di nozione di residenza e modalità di esercizio del potere di controllo da parte degli Enti comunali.
Controllo che – per come sottolineato nella decisione – deve essere serio e deve consentire all'Amministrazione locale di accertare che la scelta di un cittadino di fissare in un determinato luogo la propria residenza non risponda a ragioni di comodo, qualunque esse siano.
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