Iva sugli spot, “trasloco” nella Ue

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La Corte di Giustizia Ue nella sentenza 19 febbraio 2009, relativa alla causa C-1/08, ha fornito una nuova interpretazione di “effettivo utilizzo” ed “effettivo impiego” dei messaggi pubblicitari. Nel dirimere un contenzioso sul luogo di tassazione di prestazioni pubblicitarie effettuate da media italiani nei confronti di un intermediario stabilito fuori della Comunità europea e da questo rivendute a utilizzatori finali comunitari ed extracomunitari, i giudici Ue hanno rivisto radicalmente l’individuazione del luogo di utilizzo finora adottato dalla prassi fiscale. In particolare, la decisione ha portato a cambiare le soluzioni adottate finora dai media e dalle agenzie pubblicitarie, obbligandoli ad uniformarsi al nuovo orientamento. Prima della sentenza in oggetto, per individuare la territorialità Iva dei messaggi pubblicitari si faceva riferimento al luogo di utilizzo, inteso come il Paese in cui i messaggi “arrivano”, cioè vengono diffusi (risoluzione 470170 del 15 dicembre 1990). L’orientamento descritto è stato completamente sovvertito dalla sentenza della Corte Ue del 19 febbraio 2009, che individua il luogo di effettivo utilizzo e di effettivo impiego nel Paese da cui parte il messaggio pubblicitario e non in quello in cui esso arriva. Dunque ora, per stabilire l’applicabilità dell’imposta sul valore aggiunto si deve far riferimento al luogo dal quale “partono” i messaggi. Da ciò discende che sugli spot pubblicitari si applica l’Iva al 20% quando essi sono resi da operatori nazionali a soggetti italiani stabiliti fuori dalla Comunità, se il messaggio è in partenza dall’Italia. L’interpretazione della Corte, se da una parte elimina molte incertezze sulla determinazione del luogo di utilizzo - dato che il luogo di partenza del messaggio pubblicitario è sempre univoco, mentre il luogo di destinazione può essere più incerto - dall’altra, però, potrebbe mettere in difficoltà tutti coloro che finora hanno seguito le regole della risoluzione n. 470170/90. In teoria, tutte le prestazioni pubblicitarie non conformi all’interpretazione dei giudici europei potrebbero essere riviste dall’Amministrazione finanziaria. Non si deve, comunque, dimenticare il principio del legittimo affidamento, per il quale le operazioni effettuate prima della pubblicazione della sentenza non dovrebbero essere sanzionabili, né il Fisco potrebbe chiedere il versamento dell’Iva.
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