Irragionevole durata del processo esecutivo: va ricompresa anche la fase di opposizione

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La Corte di cassazione, con sentenza 12867 del 26 maggio, ha accolto il ricorso presentato dagli eredi di un uomo avverso la decisione con cui la Corte d'appello di Reggio Calabria aveva escluso che il loro de cuius avesse diritto ad un'equa riparazione per le lungaggini di un processo esecutivo dallo stesso instaurato ed ancora in corso.

La Corte territoriale aveva motivato la propria decisione sull'assunto che la mancata conclusione del procedimento non era addebitabile alle carenze organizzative e strutturali del sistema giustizi ma era dipeso dalla condotta delle parti ed dal fatto che il processo aveva subito una necessaria sospensione a causa di un'opposizione all'esecuzione proposta dal debitore esecutato.

Di diverso avviso i giudici di Cassazione, secondo cui il periodo del giudizio di opposizione non può essere scomputato nella valutazione della ragionevole durata del procedimento esecutivo; il processo di opposizione all'esecuzione non è infatti a tal punto distinto dal processo di esecuzione stesso da giustificare una separata ed autonoma considerazione. In realtà – si legge nel testo della sentenza – “l'opposizione si innesta nel processo esecutivo come una parentesi cognitiva volta all'accertamento negativo dell'azione” ed è, quindi, funzionalmente collegata con il processo esecutivo stesso. Ne consegue che il giudice adito al fine di valutare l'irragionevole durata di un procedimento esecutivo dovrà ricomprendere anche il tempo impiegato per la conclusione del giudizio di un'eventuale opposizione.
Links Anche in
  • Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi, p. 33 - Nell'esecuzione vale la fase di stop

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