Ingiusta detenzione: no a criteri rigidi nella liquidazione dell'indennizzo

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La Corte di cassazione, con la sentenza n. 45710 depositata il 7 dicembre 2011, ha annullato l'ordinanza con cui la Corte d'appello di Firenze aveva rigettato l'istanza avanzata da un uomo al fine di vedersi riconoscere la riparazione per l'ingiusta detenzione subita in carcere per un periodo di ben 47 giorni.

La Suprema corte ha precisato come, nelle operazioni di liquidazione dell’indennizzo previsto a titolo di riparazione per l’ingiusta detenzione, occorra procedere valutando sia la durata della custodia cautelare che, non marginalmente, le conseguenze personali, familiari, patrimoniali, morali, dirette o mediate, che siano derivate dalla privazione della libertà; la quantificazione – continua la Corte – va, comunque, disancorata da “criteri o parametri rigidi”.

Nella specie, i giudici di legittimità hanno rilevato che nell'ordinanza impugnata non era stato tenuto conto di tali principi in quanto la Corte d'appello aveva motivato in maniera apparente con riferimento all’esclusione di pregiudizi di natura psicologica e del discredito sociale, limitandosi a rilevare che si trattasse di conseguenze "normalmente ricorrenti" nel caso di ingiusta detenzione, senza indicare alcun elemento concreto “per escludere la riconducibilità alla ingiusta detenzione delle conseguenze lamentate dal ricorrente”.
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