Indennità di mobilità, la prescrizione è quinquennale
Pubblicato il 23 settembre 2019
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Risolta l’annosa questione sul termine prescrizionale del contributo ordinario, pari allo 0,30%, nonché quello d’ingresso, di ammontare variabile, da versare in favore dell’ex indennità di mobilità (abrogata dal 1° gennaio 2017). Sul punto, l’Istituto Previdenziale ha recepito l’orientamento della Corte di Cassazione, sentenze n. 30699 del 21 dicembre 2017, n. 672 del 12 gennaio 2018 e n. 28605 dell’8 novembre 2018, specificando che gli oneri hanno natura contributiva.
A precisarlo è l’INPS, con la circolare n. 124 del 20 settembre 2019, invitando le Sedi territoriali a effettuare una complessiva ricognizione dei crediti e a stralciare, eventualmente, quelli già caduti in prescrizione.
Indennità di mobilità, versamento contributivo abrogato
La L. n. 223/1991 all’art. 5, co. 4 stabiliva che per ciascun lavoratore posto in mobilità l'impresa era tenuta a versare alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento mensile iniziale di mobilità spettante al lavoratore. Somma, questa, ridotta alla metà quando la dichiarazione di eccedenza del personale abbia formato oggetto di accordo sindacale.
Sul punto, il D.M. 17 febbraio 1993, n. 142 all’art. 4 precisava che le imprese dovevano presentare all'INPS:
- la documentazione atta a individuare i lavoratori collocati in mobilità;
- le somme dovute;
- la forma di pagamento rateale o in un'unica soluzione.
Successivamente, la L. n. 92/2012 (cd. Riforma Fornero) all’art. 2, co. 71 ha abrogato, dal 1° gennaio 2017:
- l'indennità di mobilità;
- il contributo ordinario, pari allo 0,30%;
- il contributo d'ingresso.
Indennità di mobilità, termine di prescrizione
Ai fini della corretta applicazione delle disposizioni relative all’obbligo contributivo, l’INPS ritiene utile dar conto di quanto statuito dalla Corte di Cassazione in tre recenti sentenze in materia di prescrizione del suddetto contributo. Con le sentenze n. 30699 del 21 dicembre 2017, n. 672 del 12 gennaio 2018 e n. 28605 dell’8 novembre 2018, la Corte di legittimità ha infatti ritenuto che gli oneri previsti dall'art. 5, co. 4, della L. n. 223/1991 hanno natura contributiva, con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione.
Tale termine di prescrizione decorre dalla data di scadenza del versamento del contributo dovuto. Quindi, considerato che il versamento del contributo poteva avvenire in un’unica soluzione o in trenta rate mensili:
- nel primo caso, il pagamento andava effettuato entro la scadenza della denuncia contributiva del mese in cui l'impresa ha comunicato il recesso ai lavoratori posti in mobilità;
- nel secondo caso, invece, le successive rate andavano versate alle scadenze delle successive denunce contributive.
Ciò premesso, l'INPS precisa che, nel caso in cui il datore di lavoro ha comunicato la volontà di avvalersi del pagamento rateale, l'obbligazione contributiva va comunque considerata unica, essendo la divisione in rate solo una modalità di agevolare il pagamento. Le singole rate, pertanto, non costituiscono autonome e distinte obbligazioni, ma parti del frazionamento dell'unica obbligazione contributiva. Non c'è quindi un frazionamento dell'obbligazione in tante autonome obbligazioni e, di conseguenza, la prescrizione decorre dalla scadenza dell'ultima rata.
Indennità di mobilità, sospensione della prescrizione
Laddove il debitore abbia dolosamente occultato l’esistenza del debito, la decorrenza del termine di prescrizione è sospesa finché il dolo non sia stato scoperto. Ciò potrebbe verificarsi nel caso in cui la dichiarazione rilasciata dal datore di lavoro all’INPS non sia veritiera riguardo all’esatto ammontare del contributo dovuto o circa l’avvenuto pagamento dell’acconto.
- edotto.com – Edicola del 6 maggio 2019 - Mobilità in deroga, nuove risorse per Campania e Veneto – Bonaddio
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