Incorre nel reato di omessa dichiarazione la società esterovestita

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Con la sentenza n. 16001 dell’8 aprile 2013, la Terza sezione penale della Corte di Cassazione ribadisce un principio ormai noto per le società esterovestite, cioè quelle con fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale, ma che di fatto svolgono la loro attività e perseguono il loro oggetto sociale in Italia.

Confermando l’ordinanza dei giudici del Tribunale di Bolzano, la Corte ha, infatti, sostenuto che ai fini delle imposte sui redditi sono da considerarsi residenti in Italia le società e gli enti che hanno per la maggior parte del periodo d’imposta la sede legale, la sede amministrativa o l’oggetto principale nel territorio nazionale.

Dunque, per la società di noleggio di autoveicoli a lungo termine con sede in Germania, ma operante nel nostro Paese, è obbligatoria la presentazione in Italia della dichiarazione dei redditi, pena l’integrazione, in caso contrario, del reato di omessa dichiarazione previsto dall’articolo 5 del D.lgs n. 74/2000.

Per i Supremi giudici il richiamo all’esterovestizione trova fondamento in alcuni elementi di fatto venuti alla luce, dato che la società era gestita direttamente da un amministratore con sede in Italia, luogo dove, di conseguenza, doveva essere ricollocata anche la sede gestionale della società e l’oggetto principale della sua attività. Anche la difesa dell’amministratore della società di avvalersi del meccanismo del reverse charge non è stata accolta dalla Corte, che ha ribadito come il meccanismo di cui all’articolo 17, comma 2, del Dpr n. 633/1972 trovi applicazione con riferimento a cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate da soggetti non residenti, cosa questa che contrasta con l’evidenza dei fatti in oggetto.
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