Impresa sociale, i lavoratori svantaggiati si calcolano per “teste”
Pubblicato il 07 maggio 2019
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In un’impresa sociale la verifica della presenza di almeno il 30% di soggetti cd. svantaggiati, appartenenti alle categorie di cui all’art. 2, co. 4 del D.Lgs. n. 112/2017 e smi., va effettuata “per teste” e non per “ore lavorate”. Mentre non è sociale l’impresa controllata da soggetti “for profit”.
Sono questi i due principali chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con le note n. 4097 e 4096 del 3 maggio 2019.
Impresa sociale, i quesiti
A prescindere dal tipo di attività svolta, un’impresa può configurarsi come “sociale” quando impiega alle sue dipendenze, in misura non inferiore al 30%, lavoratori svantaggiati ovvero coloro che sono privi di un impiego retribuito da almeno 24 mesi o, al ricorrere di specifiche condizioni, da almeno 12.
Al riguardo, il Ministero del Lavoro si è pronunciato in ordine ai seguenti quesiti:
- se il computo della percentuale dei lavoratori svantaggiati debba effettuarsi “per teste” o sul “monte ore” lavorate;
- se il calcolo della percentuale derivi dal rapporto tra lavoratori svantaggiati e lavoratori non svantaggiati oppure da quello tra lavoratori svantaggiati e totale dei lavoratori (dato dalla somma tra lavoratori svantaggiati e lavoratori non svantaggiati).
Impresa sociale, computo dei lavoratori svantaggiati
Per rispondere ai quesiti posti, il Ministero del Lavoro richiama innanzitutto due interventi di prassi (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, interpello n. 17/2015 e INPS, circolare n. 188/1994) riferiti alle cooperative per le quali sussiste una disposizione ad hoc ispirata alla medesima ratio.
In merito al primo quesito, è stato già chiarito che “la determinazione del 30% dei soggetti svantaggiati vada effettuata "per teste" e non in base alle ore effettivamente svolte dai lavoratori stessi”. La motivazione espressa si basava sul confronto con la ratio della legge, che “risiede nel creare opportunità lavorative per quelle persone che, proprio a causa della loro condizione di disagio psichico, fisico e sociale, trovano difficoltà all’inserimento nel mercato del lavoro, anche e soprattutto laddove si richieda loro una prestazione lavorativa a tempo pieno”.
Con riferimento al secondo quesito, invece, riguardante il rapporto tra lavoratori svantaggiati e non, il Ministero del Lavoro afferma che le persone svantaggiate non concorrono alla determinazione del numero complessivo dei lavoratori cui ci si deve riferire per la determinazione dell'aliquota delle stesse. D’altronde un diverso orientamento costituirebbe una ingiustificata penalizzazione per le medesime ed il venir meno delle finalità solidaristiche della legge in questione.
Impresa controllata da soggetti "for profit"
Nel secondo documento di prassi (nota n. 4096 del 3 maggio 2019) è stato chiesto al Ministero del Lavoro se un'associazione, con socio unico sotto forma di consorzio senza scopo di lucro, composta al 68% da soci "for profit", il cui consiglio di amministrazione sia espresso da rappresentanti dei soci "for profit", possa essere ritenuta sotto il controllo di soggetti "for profit" e possa qualificarsi come impresa sociale.
Sul punto, il Ministero del Lavoro nega la qualifica di “impresa sociale” quando vi sia un evidente controllo da parte di soci “for profit”.
- eDotto.com – Edicola del 27 aprile 2019 - Cndcec, per le società cooperative prevalenza del principio di derivazione dal bilancio – Moscioni
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