Illegittima la cartella emessa per il recupero di un credito d'imposta non utilizzato
Pubblicato il 29 giugno 2022
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E' legittima l'emissione di cartella di pagamento a fini del recupero dell'imposta dovuta quando l'Amministrazione finanziaria accerti che, a causa di errori materiali o di calcolo, il contribuente abbia illegittimamente utilizzato un credito d'imposta.
La cartella di pagamento, per contro, non può essere emessa quando, in caso di mancato utilizzo del credito d'imposta, venga accertato che questo non era stato correttamente esposto.
In questa ipotesi, infatti, il Fisco può solo procedere alla rettifica dell'errore materiale o di calcolo.
Cassazione: sì al recupero, con cartella, del credito illegittimamente utilizzato
Così la Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 20626 del 28 giugno 2022, pronunciata a conferma della decisione assunta dalla CTR nell'ambito del giudizio instaurato da un contribuente in opposizione a cartella di pagamento emessa ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973.
Con la predetta cartella, l'Agenzia delle Entrate aveva recuperato l'importo che, nella dichiarazione dei redditi, era stato indicato al rigo di cui al riporto del credito dell'anno precedente (quale credito d'imposta relativo ad agevolazioni per investimenti in aree svantaggiate), in ragione della mancata indicazione, nella dichiarazione dell'anno prima, di un importo a credito per l'anno successivo.
Dopo che la CTR aveva affermato la legittimità della cartella, il contribuente si era rivolto alla Suprema corte, lamentando violazione e/o falsa applicazione di legge, per avere, i giudici di merito, ritenuto corretto sia l'avvenuto disconoscimento del credito d'imposta, sia l'omesso versamento dell'Iva, sanzioni pecuniarie e interessi, in ragione dei medesimi motivi che, a suo dire, avrebbero dovuto condurre all'emissione di un avviso di accertamento.
Doglianza, questa, giudicata in parte inammissibile e in parte infondata dagli Ermellini.
In primo luogo, il ricorrente aveva violato le prescrizione di cui al n. 6 dell'art. 366 c.p.c. che impongono di indicare, specificamente, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, mediante riproduzione diretta o indiretta del contenuto che sorregge la censura.
A ben vedere, inoltre, la decisione di merito era del tutto coerente con i principi di diritto affermati dalla giurisprudenza in tema di controllo automatizzato: l'art. 36-bis comma 2, lettera e) del DPR n. 600/1973 legittima il disconoscimento del credito d'imposta, senza necessità di un previo avviso di recupero, purché questo non derivi da un'attività accertativa o rettificativa, né implichi valutazioni, ma abbia carattere cartolare e sia effettivo sulla base di un riscontro obiettivo dei dati formali della dichiarazione dei redditi.
Tali principi - si legge nella decisione - sono stati ulteriormente chiariti in riferimento a un caso del tutto analogo a quello di specie: ai fini della legittimità dell'iscrizione a ruolo, conseguente alla previsione di cui al citato art. 36-bis, di un credito d'imposta indicato dal contribuente nella dichiarazione dei redditi, l'Ufficio è legittimato a verificare la correttezza della suddetta indicazione, anche facendo riferimento alle dichiarazioni degli anni precedenti, senza che tale verifica comporti un accertamento sostanziale che presuppone valutazioni giuridiche o esame di atti non consentiti dalla procedura.
Ne discende che, fermo restando il potere dell'Amministrazione finanziaria di controllare la correttezza delle dichiarazioni dei redditi presentate e di correggere eventuali errori materiali o di calcolo, l'emissione della cartella di pagamento a fini del recupero dell'imposta dovuta intanto è possibile in quanto, in seguito alla verifica compiuta in sede di controllo automatizzato, l'amministrazione finanziaria accerti che, a causa di errori materiali o di calcolo, il contribuente abbia illegittimamente utilizzato un credito d'imposta, il quale venga a tradursi in un debito di quest'ultimo idoneo a legittimare la pretesa di recupero dell'importo.
Credito d'imposta non utilizzato? No cartella ma rettifica
L'emissione della cartella di pagamento, per contro, non è invece possibile quando, in caso di mancato utilizzo del credito d'imposta, sia accertato che questo non era stato correttamente esposto: in questo caso, l'Amministrazione finanziaria può solo procedere a rettificare l'errore materiale o di calcolo, ma non può emettere cartella di pagamento ai fini del recupero di un credito d'imposta che, in quanto non utilizzato, non si è tradotto in un debito del contribuente nei suoi confronti.
Il Fisco, ossia, non può emettere cartella di pagamento per il recupero di un credito d'imposta che non è stato utilizzato, potendo, in tali casi, procedere solo con la rettifica dell'errore.
Secondo gli Ermellini, in definitiva, era corretto, alla luce dei principi sopra richiamati, il giudizio espresso dalla CTR nella vicenda esaminata, in quanto la cartella non era stata emessa per contestare l'indebito utilizzo del credito d'imposta ma in seguito alla riscontrata mancata esposizione dello stesso nella precedente dichiarazione.
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