Il trasferimento sul conto non basta per presumere una donazione indiretta
Pubblicato il 23 ottobre 2017
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La Ctp di Torino ha accolto il ricorso presentato da una contribuente contro un avviso di liquidazione relativo ad imposta di registro, con irrogazione di sanzioni, atto emesso in relazione ad un’asserita donazione indiretta proveniente da un nipote della ricorrente.
La vicenda in esame
Questa operazione era stata accertata dall’Ufficio nell’ambito di una procedura di voluntary disclosure posta in essere dalla donna, e, in particolare, in relazione ad un conto corrente dalla stessa detenuto in Svizzera e sul quale il nipote aveva trasferito la somma di quasi 4milioni di euro proveniente da un suo conto, anch’esso svizzero, ereditato dalla madre, sorella della ricorrente.
Secondo l’amministrazione finanziaria, il detto “trasferimento” costituiva una donazione indiretta, non registrata, e come tale, quindi, da registrare d’ufficio.
La donazione tassabile, ossia, era stata meramente presunta dall’Ufficio sulla sola circostanza che la somma era sul conto della ricorrente; questo, tuttavia – ha sottolineato la Ctp - senza precisare se l’atto da registrare fosse il trasferimento materiale o la eventuale dichiarazione della contribuente contenuta nella voluntary dove però, a ben vedere, la donna non aveva affatto affermato che si trattasse di una liberalità in suo favore.
Per contro, anzi, la ricorrente aveva contestato l’esistenza stessa della liberalità, affermando che il solo fatto del versamento sul suo conto da parte del nipote non era sufficiente ad integrare la nozione di donazione. Ed infatti - aveva sottolineato la ricorrente - mancava nel nipote l’animus donandi, in quanto il versamento aveva avuto solo la funzione di “parcheggiare” l’importo sul suo conto in modo da consentire al nipote medesimo, successore del conto svizzero della madre, di predisporre la sua voluntary disclosure nei confronti del fisco americano.
La funzione del versamento, in definitiva, era stata quella di sottrarre temporaneamente la disponibilità della somma al nipote, trasferendola fiduciariamente alla zia: non si trattava, quindi, di liberalità, bensì di intestazione fiduciaria.
Assenza dell’animus donandi
E la Commissione, nella specie, ha dato ragione alla donna, sottolineando come anche nei procedimenti di accertamento promossi dall’Ufficio non si può intendere tout court la liberalità indiretta se la parte che la contesti offra una soddisfacente e diversa giustificazione dell’acquisizione.
Nel caso in esame, anche se non vi erano scritture di data certa a conferma di quanto dichiarato dalla ricorrente, vi era una serie di circostanze, non contestate, che potevano essere considerate valida presunzione dell’assenza dell’animus donandi in capo al nipote.
Primo tra tutte, il fatto che la somma in oggetto era stata poi ritrasferita al nipote, con i frutti maturati, e ciò anteriormente non solo all’emissione dell’avviso di accertamento ma anche alla presentazione della voluntary discosure.
E per la Ctp di Torino – sentenza n. 1157/8/2017 del 4 ottobre 2017 - ciò non solo escludeva a priori che il ritrasferimento dell’importo fosse in qualche modo funzionale all’impugnazione dell’avviso, ma dimostrava anche che l’Ufficio, al momento della formazione dell’atto impugnato, aveva la piena conoscenza dell’intero svolgersi della vicenda, con possibilità di valutare se l’assunto della ricorrente fosse fondato o meno.
Poiché la liberalità non può prescindere dall’animus donandi – ha, quindi, concluso la Commissione tributaria - l’amministrazione finanziaria avrebbe dovuto fornire anche la prova di quest’ultimo requisito che non poteva ritenersi insito nel trasferimento ma anzi, nei fatti, era smentito dal ritrasferimento.
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