Il patto di non concorrenza sempre pagato al lavoratore

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di Cassazione - sentenza n. 11104 del 15 maggio – ha spiegato che, in caso di recesso volontario, il dipendente ha diritto a percepire l’intera somma del patto di non concorrenza, senza che l’impresa possa far valere la clausola di esclusione, applicabile solo in caso di risoluzione del rapporto da parte della società. è intervenuta sul caso di un dipendente di una società di software che aveva sottoscritto un contratto con l’azienda recante la clausola secondo cui “la società si riserva di decidere, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, l’utilizzo del presente patto di non concorrenza”. Tale clausola è stata usata dall’azienda come scusa per non pagare quanto dovuto al dipendente che aveva presentato le dimissioni. Questi ha fatto ricorso al giudice del lavoro, vincendo sia il primo che il secondo grado di giudizio. Infatti ha chiarito che la clausola secondo cui la società si riserva di decidere - al momento della risoluzione del rapporto di lavoro - l’utilizzo del patto di non concorrenza, è valida solo nel caso di risoluzione del rapporto da parte della società. In tal caso, infatti, contestualmente al recesso la società può scegliere di non avvalersi del patto, lasciando libero il dipendente nella ricerca del nuovo posto di lavoro.

Anche in
  • ItaliaOggi, p. 44 – Il patto di non concorrenza sempre pagato al lavoratore – Alberici

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