Il diritto alla difesa limita le perquisizioni in studio

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La Corte europea dei diritti dell'uomo, con sentenza del 24 luglio scorso (ricorso 18603/03), si è pronunciata su un ricorso presentato da uno studio legale francese per violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare (art. 8 Convenzione europea dei diritti dell'uomo). L'avvocato ha instato contro l'autorità giudiziaria che, su richiesta dell'amministrazione fiscale, aveva disposto un'ispezione nel suo studio, in quanto difendeva una società accusata di frode fiscale. La Corte ha condiviso la posizione dello studio legale precisando come, nel diritto al rispetto del proprio domicilio, vada ricompresa non solo l'abitazione, ma anche lo studio di chi eserciti una professione liberale. Le perquisizioni costituiscono una lesione del segreto professionale, segreto la cui protezione è un “corollario del diritto che ha il cliente dell'avvocato di non contribuire alla propria incriminazione”. Le ingerenze all'attività professionale sono ammissibili, continua la Corte, solamente se siano previste dalla legge, se perseguano dei fini legittimi e se siano necessarie e proporzionali agli obiettivi perseguiti. Gli Stati devono, a tal fine, predisporre garanzie speciali e fissare limiti. Secondo la Corte di Strasburgo, l'autorizzazione alle ispezioni non deve essere redatta in termini generali, come nella vicenda in esame, ma deve contenere indicazioni precise dei documenti utili a dimostrare la frode del cliente.
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