Vita d'Impresa - Il Controllo di Gestione tra obbligo normativo e investimento per la crescita

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Vita d'Impresa - Il Controllo di Gestione tra obbligo normativo e investimento per la crescita

La situazione di straordinarietà causata dalla crisi sanitaria, economica e sociale determinata dalla diffusione del virus Covid-Sars19 ha indotto il legislatore a rimandare, con il DL n.23/2020, la completa ed integrale entrata in vigore del Codice della Crisi di Impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 12 gennaio 2019, n.14, per altro, in parte modificato con D.lgs. 26 ottobre 2020, n.147). 

Tra le riforme già entrate in vigore occorre considerare la significativa modifica dell’art. 2086 del Codice Civile che ha introdotto l’obbligo (per gli imprenditori) di predisporre assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa. 

La modifica dell’articolo 2086 del Codice Civile: un obbligo ma anche un’opportunità

In particolare il legislatore ha, nella sostanza, esteso ad ogni imprenditore, sia che esso operi in forma societaria o collettiva (quindi ciò non vale più esclusivamente per le S.p.A), l’obbligo di predisposizione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa “anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale”, introducendo anche l’obbligo “di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.

Si può certamente dibattere sul concetto di adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, parametrati tenendo conto della natura e delle dimensioni dell’impresa, ma ciò non toglie che sia chiaro l’obiettivo di tale obbligo imposto normativamente. 

Relativamente all’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, possiamo affermare che questo è ragionevolmente adeguato quando, in relazione alla dimensione dell’impresa, al settore nonché al mercato nel quale questa opera e ad i rischi intrinsechi del business dell’impresa stessa, questa ultima è dotata di una corporate governance e di un’organizzazione:

  • nella quale è ben delineata la definizione dei ruoli, dei poteri e delle responsabilità di ciascun organo e di ciascuna funzione;
  • che presenta una chiara segregation of duties, nonché un efficace “meccanismo di delega”;
  • capace, in assenza di shock esogeni, di garantire il regolare svolgimento delle funzioni aziendali e delle interrelazioni tra esse.

Riassetto organizzativo e cultura d'impresa

Con riguardo poi al citato obbligo di dotarsi di un “adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile”, occorre considerare che è stato introdotto dal legislatore con il fine, in primis, di rendere più tempestiva per gli Amministratori (e/o imprenditori) e per gli Organi di Controllo la rilevazione della perdita della continuità aziendale dell’impresa. Non va tralasciato difatti che il c.d Codice di Crisi ha l’obiettivo di riformare in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali, partendo dall’assunto che andava “velocizzata” la fase di diagnosi dello stato di difficoltà delle imprese.

Tuttavia, tale obbligo, a maggior ragione se si considera il momento storico che l’economia globale ed i suoi attori stanno attraversando, può contestualmente costituire un significativo e concreto stimolo all’evoluzione della cultura d’impresa. 

Tale stimolo può aiutare imprenditori, manager e professionisti a ri-pensare l’organizzazione di un’azienda tenendo conto di un orizzonte più ampio, ovvero che non sia limitato alla necessità di dover “rilevare quanto più rapidamente una situazione di crisi”. Piuttosto, tali soggetti potrebbero così essere spronati a innovare l’organizzazione e la corporate governance aziendale per far fronte, in modo più efficace ed elastico, alle (nuove) sfide del mercato che ogni attore economico dovrà affrontare, a maggior ragione dopo questo periodo di indubbia straordinarietà. 

Aziende familiari e governance

Ad oggi il mondo della piccola e media impresa italiana, che costituisce oltre l’80% del tessuto produttivo nazionale, è caratterizzato, a differenza del mondo anglosassone, prevalentemente da società c.d. “a conduzione familiare” (a prescindere se trattasi di società di persone o di capitali). Nell’analizzare la governance e l’organizzazione di queste società in molti casi è facile rilevare l’assenza di separazione tra proprietà e management; spesso non vi è una chiara definizione di ruoli e responsabilità ed in molti casi non si ha la determinazione degli obiettivi di medio – lungo termine dell’impresa stessa, nonché i piani di azione di breve per raggiungerli (basti pensare al numero esiguo di imprese che periodicamente predispongono un business plan).

Per quanto concerne l’area amministravo-contabile, a cui fa indirettamente riferimento la norma, questa è una delle funzioni necessarie all’attività di impresa, perché deputata ad effettuare la regolare tenuta della contabilità, predisporre il bilancio di esercizio e ad adempiere gli obblighi fiscali e contributivi dell’azienda. 

Chi fornisce un ausilio all’imprenditore nel delineare le scelte strategiche di lungo periodo nonché i piani di azione di breve? Chi analizza e verifica con un timing prestabilito come sta andando l’impresa in relazione agli obiettivi che questa si è posta, rispetto anche al trend di mercato nel quale opera? Chi fornisce, eventualmente, supporto all’imprenditore per apportare i correttivi quali-quantitativi al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati? Il professionista esterno? Certamente, ma questi non vive l’azienda con quotidianità e, per tale ragione, pur essendo un punto di riferimento importante per l’imprenditore, non può essere il solo poiché non è il suo “ruolo” per definizione.

Il controllo di gestione nell’organigramma aziendale 

Ebbene, nell’adeguare l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile così come imposto (si rimanda a quanto sopra circa il concetto più ampio di “adeguamento”), perché non pensare ad implementare la struttura organizzativa aziendale con una funzione come la “pianificazione strategica e il controllo di gestione”? Vi sono più scuole di pensiero in merito alla collocazione di questa funzione nell’organigramma: innanzitutto nelle imprese di grandi dimensioni, in qualche caso, possono costituire anche due funzioni separate (una di pianificazione, una di controllo gestione, alle quali si può aggiungere una terza di internal audit). Nelle piccole-medie imprese, focus della nostra riflessione, questa è consigliabile sia unica, e questa può essere: in-line o integrata (nelle imprese più piccole) all’area amministrativa e prevedere un unico responsabile (il c.d. CfO per le aziende più strutturate), ma anche indipendente dall’area amministrativa e collocata direttamente in staff all’Amministratore. Purché sia presente, anche nelle imprese di piccole e medie dimensioni. È importante che sia composta da personale in possesso dei necessari skills nonché adeguatamente formato e con doti di leadership; a questa funzione deve essere assegnata la giusta “autonomia” (il tutto sempre in relazione alle dimensioni dell’impresa). Sarà questa la funzione che, collaborando a stretto contatto con l’area amministrativo-contabile, fornirà ausilio all’imprenditore (e/o amministratore) nello stabilire gli obiettivi aziendali quali-quantitativi di lungo periodo, magari redigendo un business plan (pluriennale) avvalendosi del supporto di professionisti esterni. A questa funzione, inoltre, può essere affidato il compito di affiancare l’imprenditore nel gestire i rapporti con gli stakeholders (es. Istituti di Credito per l’ottenimento di finanziamenti); ad essa verrà affidata la responsabilità, fra le altre, di predisporre il budget annuale e di verificarne, con cadenza periodica infrannuale, l’andamento ed il trend dei principali indicatori-KPI economici, patrimoniali e finanziari dell’azienda. Questo al fine di analizzare gli scostamenti principali tra quanto preventivato e quanto si sta consuntivando, il tutto con l’obiettivo di massimizzare le marginalità per linea di business-prodotto, garantire un’equilibrata gestione del cash flow (aspetto che sta divenendo sempre più centrale nella gestione di un’impresa) ed eventualmente, delineare ed apportare tutte quelle azioni correttive necessarie.

Innovare per crescere

È anche con questa forma mentis che è necessario analizzare l’introduzione di questa norma: così innovare l’organizzazione può non risultare un costo né il mero adempimento di un obbligo, ma un investimento per la crescita. L’attuale crisi economica sta dimostrando che investire in organizzazione e managerialità rende le imprese, anche quelle piccole per dimensione, non solo più solide, ma più elastiche e resilienti, pertanto maggiormente capaci di resistere in caso di importanti shock esogeni di sistema, per poi velocemente ripartire e crescere nei momenti di espansione economica. 

Perché l’obiettivo primario dell’imprenditore, ed indirettamente dei professionisti e consulenti che gli forniscono un servizio, rimane non quello di segnalare la situazione di crisi con tempestività, ma di “prevedere i fenomeni” proprio per evitare le situazioni di incertezza,  al fine di garantire la continuità dell’attività di impresa, ponendosi equilibrati obiettivi di crescita ed espansione per creare quindi valore per i Soci-Azionisti, per l’impresa stessa ed il territorio nel quale opera.

 

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