I 5 pilastri della riforma delle pensioni proposta da Boeri

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I 5 pilastri della riforma delle pensioni proposta da Boeri

Il Presidente dell’INPS, Boeri, in occasione della presentazione del rapporto annuale riferito al 2014, ha parlato della riforma delle pensioni, basata su 5 punti cardine, che ha portato all’attenzione dell’esecutivo, proposte che sono ritenute attuabili fin da subito, alla luce dei pur stringenti vincoli di bilancio e amministrativi del nostro Paese:

  1. Una rete di protezione sociale dai 55 anni in su. Un primo passo verso l’introduzione di quel reddito minimo garantito, che oggi manca In Italia, superando un vizio d’origine del sistema contributivo introdotto nel nostro ordinamento a partire dalla seconda metà degli anni ’90: quello di non prevedere prestazioni minime per chi non ha altri redditi e ha accumulato un montante contributivo troppo basso per garantirsi una pensione al di sopra della soglia di povertà;

  2. Unificazione. Con il pagamento di tutte le pensioni al primo del mese, si è fatto un primo passo importante nella direzione dell’unificazione dei trattamenti pensionistici, anche se molto ancora rimane da fare sulla strada dell’unificazione e della semplificazione. La modifica normativa proposta, consente agli individui di unificare la pensione tra regimi diversi, compresa la gestione separata, senza oneri aggiuntivi e non rende più necessarie le ricongiunzioni onerose che hanno penalizzato i lavoratori più mobili e quelli con vincoli di liquidità;

  3. Armonizzazione. Permangono ancora forti asimmetrie nei trattamenti previdenziali concessi a diverse categorie di pensionati e sarebbe giusto chiedere a chi ha redditi pensionistici elevati, in virtù di trattamenti molto più vantaggiosi di quelli di cui godranno i pensionati del domani, un contributo al finanziamento di uscite verso la pensione più flessibili;

  4. Flessibilità sostenibile. Le regole del sistema contributivo consentono una certa flessibilità in uscita. Spalmano un montante contributivo accumulato durante la vita lavorativa in pagamenti mensili, in base all’età e alla speranza di vita residua. Chi va in pensione prima deve spalmare questa cifra su molti più mesi di chi va in pensione più tardi. A parità di montante, ogni anno in meno di lavoro comporta una riduzione di questi pagamenti mensili, tenendo conto della demografia e dell’andamento dell’economia.

  5. Non si va in pensione, ma si prende la pensione. Il rapporto fra contribuenti e pensionati è destinato ulteriormente a peggiorare dato l’assottigliamento delle coorti in ingresso nel mercato del lavoro. Non basterà l’indicizzazione dell’età pensionabile alla speranza di vita a impedire questo andamento. Anche i pensionati possono contribuire al finanziamento della previdenza di chi si è del tutto ritirato dalla vita attiva, versando e facendosi versare contributi, che poi diventeranno un supplemento alla pensione, per chi sta già percependo un trattamento previdenziale.

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