Green pass e la gestione delle assenze “ingiustificate”

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Green pass e la gestione delle assenze “ingiustificate”

Per l’elaborazione degli stipendi del mese di ottobre 2021 imprese e professionisti saranno impegnati nella gestione delle assenze ingiustificate correlate alla mancata presentazione dei lavoratori della c.d. certificazione verde Covid-19.

Dal 15 ottobre 2021, infatti, il decreto legge 21 settembre 2021, n. 127, ha introdotto l’obbligo generalizzato per tutti i lavoratori, pubblici e privati, dipendenti o autonomi, di essere in possesso del green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro.

Specificatamente, la medesima norma, che ha aggiunto l’art. 9-septies al decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, prevede che i lavoratori nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde Covid-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro (…) sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021 (…) senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro.

Ferma restando l’adozione dei protocolli e delle procedure di verifica che ogni datore di lavoro ha predisposto dal 15 ottobre 2021, vedremo, di seguito, come si intreccia la fattispecie dell’assenza ingiustificata derivante dal mancato possesso o esibizione del green pass con la disciplina di altri istituti contrattuali o di legge. 

Green pass e luoghi di lavoro

Come noto, dal 15 ottobre 2021 e sino al 31 dicembre 2021, tutti i lavoratori dovranno essere in possesso ed esibire, su richiesta, la certificazione verde Covid-19 per accedere ai luoghi di lavoro.

La misura è estesa alla generalità dei lavoratori, dipendenti o autonomi, ed a tutti i soggetti volontari o svolgenti formazione nei locali aziendali, ma anche lavoratori che eseguono la prestazione lavorativa sulla base di contratti esterni, come nelle ipotesi di appalto, distacco o somministrazione di manodopera. Nell’ambito di applicazione dei nuovi obblighi in materia di green pass e luoghi di lavoro rientrano, certamente, anche i lavoratori domestici.

Sono esclusi dall’obbligo di possesso ed eventuale esibizione della certificazione verde Covid-19 soltanto quei lavoratori che, sostanzialmente, non si recano presso un luogo di lavoro o una sede aziendale.

In tal senso, possono ritenersi esclusi i lavoratori che svolgono la propria opera in regime di smart-working (per le giornate in cui non è richiesta la presenza nei locali aziendali) o i lavoratori a domicilio.

Parimenti, i lavoratori che fruiscono di giorni di ferie o permesso ovvero nei casi di assenza giustificata dal luogo di lavoro (malattia, infortunio, ecc.), che, dunque, non accedono al luogo di lavoro, potranno essere sprovvisti, per le sole giornate interessate, della certificazione verde.

Si rammenta che sono, altresì, esclusi dai controlli all’accesso dei locali aziendali i lavoratori esenti dalla campagna di vaccinazione sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti dal Ministero della Salute nella circolare 4 agosto 2021.

Pertanto, salvo che per i lavoratori esenti, l’obbligo di esibizione del green pass si configura ogni qualvolta soggetti che, a vario titolo, collaborano con il datore di lavoro fanno ingresso in luoghi destinati ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva ovvero in ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda ed accessibile al lavoratore.

Come evidenziato in premessa, il lavoratore sprovvisto di green pass non potrà accedere ai locali aziendali e verrà considerato, sino al momento di una nuova esibizione valida, assente ingiustificato con diritto alla conservazione del posto di lavoro.

In controtendenza con le fattispecie più comuni di assenza ingiustificata, quella correlata al mancato possesso e/o esibizione della certificazione verde Covid-19 non è disciplinarmente rilevante, salvo nelle ipotesi in cui, a seguito di controlli durante l’orario di lavoro, venga accertato che il dipendente, al momento dell’ingresso in azienda, era sprovvisto della certificazione predetta.

Le conseguenze dell’assenza “ingiustificata” da green pass

Accertato il mancato possesso o esibizione di una certificazione verde Covid-19 valida, il dipendente sarà considerato assente ingiustificato sino al 31 dicembre 2021, salvo il caso in cui lo stesso non si ripresenti sul luogo di lavoro con idoneo documento valido. Restano ferme, altresì, per le imprese con meno di quindici dipendenti le disposizioni di cui al comma 7, relative ai periodi correlati all’assunzione in sostituzione del lavoratore assente ingiustificato per mancato possesso o esibizione del green pass.

In tale ambito, atteso che l’assenza ingiustificata decorre ipso facto dal mancato possesso della certificazione verde Covid-19 eventuali eventi successivi tutelati che potrebbero dar diritto alla percezione di indennità previste dalla norma o dal contratto collettivo risulterebbero del tutto infruttuosi.

A titolo esemplificativo, accertato il mancato possesso della certificazione verde Covid-19, sia per effetto dei controlli predisposti dal datore di lavoro, sia per preventiva comunicazione del lavoratore, un successivo evento morboso non incide sulla situazione di fatto riconducibile all’assenza ingiustificata, la quale protrarrà i suoi effetti sino alla presentazione del green pass o sino – per il momento – al 31 dicembre 2021.

Parimenti, l’accertamento preventivo del mancato possesso del green pass non consentirà il successivo godimento di ferie o permessi. Nulla quaestio, invece, se i predetti eventi intervengano precedentemente all’accertamento sul mancato possesso della predetta certificazione.

È bene, comunque, aver predisposto, unitamente alle procedure sui controlli, il format di una comunicazione da consegnare al dipendente e far sottoscrivere per ricevuta concernente lo status di lavoratore assente ingiustificato. Diversamente, è consigliabile far pervenire al dipendente, anche a mezzo email, la predetta comunicazione. Per le imprese con meno di quindici dipendenti, invece, il datore di lavoro potrà predisporre la sospensione del rapporto di lavoro (sostituzione del lavoratore assente) ed in tal caso si consiglia la formalizzazione e la notifica del provvedimento datoriale. In mancanza, il predetto dipendente potrà essere considerato un semplice assente ingiustificato.

Ciò assunto, sotto il profilo meramente economico, l’assenza ingiustificata da green pass comporterà:

  • la perdita della retribuzione o di qualsivoglia indennità ovvero compenso per i giorni interessati dal mancato possesso o esibizione della certificazione verde Covid-19;
  • la perdita di eventuali “buoni pasto” concessi dal datore di lavoro ovvero dell’indennità di mensa;
  • la perdita di indennità correlate alle mansioni assegnate come, ad esempio, indennità di cassa, di rischio, di turno, ecc;
  • possibili risvolti sulla determinazione di premi di produttività (es. quelli legati a combattere l’assenteismo) o su altri istituti differiti del rapporto di lavoro concessi dall’azienda;
  • la probabilità di incidenza sulle mensilità aggiuntive, fermo restando che la maturazione del singolo rateo è, spesso, disciplinata dal CCNL applicato al rapporto di lavoro;
  • l’incidenza sul periodo di anzianità di servizio del lavoratore. In tal senso, si pensi all’assimilabile ipotesi di aspettativa non retribuita richiesta dal lavoratore, la quale sospende il periodo di computo dell’anzianità;
  • il mancato accredito dei contributi previdenziali ed assistenziali. Essendo, la fattispecie dell’assenza ingiustificata equiparabile ad una sospensione, il lavoratore non vedrà alimentata la sua posizione previdenziale;
  • l’impossibilità del datore di lavoro di collocare il dipendente interessato tra i beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale

La perdita della retribuzione indicata al primo punto avrà riflessi anche sulla quota complessiva di trattamento di fine rapporto maturata nell’anno.

Tamponi come fringe benefit

Eventuali datori di lavoro virtuosi che intendano farsi carico del costo dei tamponi, consentendo ai propri dipendenti di ottenere la certificazione verde Covid-19, dovranno far rientrare le predette spese sostenute nel c.d. welfare aziendale.

In tal senso, prevedendo, la norma, il divieto di accesso al luogo di lavoro senza green pass valido pone a carico del lavoratore l’onere economico dell’esecuzione del tampone, quale requisito per l’accesso al luogo di lavoro, sicché addebitare il costo all’azienda appare incongruente con la scelta della vaccinazione quale strumento di precauzione e di natura sociale. Invero, attesa la gratuità della vaccinazione anti-SARS-CoV-2, il beneficio di scelta propendente all’esecuzione dei tamponi in luogo della vaccinazione optata dal soggetto è di esclusivo interesse di quest’ultimo, talché non appare irrazionale che il costo del tampone ricada sul soggetto che di tale alternativa voglia beneficiare (TAR Lazio, decreti monocratici 2 settembre 2021, nn. 4531 e 4532).

Ciò assunto, non potendo rientrare tra gli oneri a carico dell’impresa, il datore di lavoro che intenda rimborsare il costo dei tamponi sostenuti ai propri dipendenti dovrà porre attenzione all’art. 51, commi 2 e 3, TUIR. Invero, premesso che il tampone per l’ottenimento del green pass è assimilabile ad una prestazione sanitaria, l’esenzione dal reddito di lavoro dipendente potrà essere perseguibile:

  • tramite rimborso del servizio da enti o casse con fine assistenziale (art. 51, comma 2, lett. a));
  • tramite offerta diretta dell’azienda ovvero mediante un soggetto terzo convenzionato (art. 51, comma 2, lett. f)).

Nella prima ipotesi, il rimborso delle spese sostenute avverrà direttamente dall’ente o dalla cassa avente fine assistenziale. Come noto, escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente il contributo versato dal datore di lavoro in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, il rimborso degli oneri sostenuti non concorrerà alla determinazione dell’imponibile fiscale.

Nella seconda ipotesi, il servizio direttamente gestito dall’azienda ovvero per il tramite di un soggetto terzo rientra, a parere di chi scrive, tra i servizi di cui alla successiva lettera f) e, conseguentemente, tra le spese relative ad opere e servizi offerti alla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute dall’azienda per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto (art. 100, comma 1, TUIR). In tal senso, dunque, non sarà possibile per il dipendente ottenere il rimborso, ma sarà l’impresa che, lasciando fuori il dipendente dal rapporto economico con il terzo erogatore, potrà sostenere i costi a favore dei propri lavoratori. Corre l’obbligo di evidenziare però, che in tale ultima fattispecie, l’onere sostenuto volontariamente dall’impresa sarà deducibile nei limiti del cinque per mille, salvo i casi in cui il predetto benefit sia erogato in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale (deducibilità integrale ex art. 95, TUIR).

In assenza dei sistemi più o meno complessi sopra richiamati, un ulteriore regime fiscale di favore è rinvenibile nel comma 3, art. 51, TUIR, potendo il costo sostenuto dall’impresa in favore del lavoratore concorrere al raggiungimento del plafond prescritto dalla citata norma che, si rammenta, per l’anno 2021 è stato temporaneamente aumentato ad euro 516,00 annui.

QUADRO NORMATIVO

Decreto legge 21 settembre 2021, n. 127

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