Fusione inversa con regole contabili della fusione diretta
Pubblicato il 25 maggio 2017
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La fusione inversa è uguale alla fusione diretta per quanto riguarda gli effetti contabili, ma non per quel che concerne la stratificazione del patrimonio netto.
Anche nelle operazioni rovesciate, con riferimento alle riserve della incorporata si applica il comma 5 dell’articolo 172 del Tuir; mentre le riserve della controllata-incorporante mantengono il regime che avrebbero in assenza di fusione.
Questo è quanto ha precisato l'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 62 del 24 maggio, in risposta ad un'istanza di interpello riguardante un’operazione di fusione “inversa” con la quale Alfa (società controllata al 100% da Beta) ha incorporato la propria controllante Beta.
Nello specifico l'interpellante chiedeva precisazioni in merito alla stratificazione fiscale delle riserve della incorporante post fusione. La soluzione interpretativa della società istante era che il principio di equivalenza tra fusione inversa e fusione diretta dovrebbe portare ad annullare senza effetti fiscali la riserva in sospensione di Alfa (tassabile solo in caso di distribuzione), come appunto sarebbe avvenuto se Alfa fosse stata l’incorporata.
Operazione di fusione inversa non è acquisizione in senso economico
Nella risoluzione n. 62/7/2017, l'Agenzia chiarisce, in via preliminare, che l'operazione di fusione inversa della società controllante Beta nella società controllata Alfa non configura, secondo i principi contabili internazionali (IAS/IFRS), un'acquisizione in senso economico, ma una pura riorganizzazione della struttura societaria tra imprese riconducibili al medesimo gruppo economico.
Inoltre, sotto il profilo giuridico formale, il patrimonio netto che si conserva dopo un’operazione di fusione è sempre quello della società incorporante. Pertanto, anche all’esito di una fusione inversa, il patrimonio netto che “sopravvive” è quello della società incorporante/controllata.
Mentre, sotto il profilo contabile, per quanto riguarda la fusione inversa, il principio OIC 4 prevede che "il complesso economico unificato dopo la fusione non può che avere lo stesso valore, sia che si effettui una incorporazione diretta o una incorporazione rovesciata" .
Alla luce di ciò, conclude la risoluzione in oggetto che il principio dell'"equivalenza" tra fusione inversa e fusione diretta enunciato dall'OIC 4 non può espandersi fino a coinvolgere la qualificazione delle voci di patrimonio netto della società risultante dalla fusione poiché esso concerne gli effetti economici complessivi dell'operazione stessa e, di conseguenza, non può portare a far prevalere la stratificazione del patrimonio netto già presente presso la incorporata-controllante, a dispetto del dato giuridico formale che vede la controllata nella posizione di incorporante.
Pertanto, la stratificazione delle voci di patrimonio netto presente nella società che sopravvive alla fusione "segue" l'impostazione giuridica sua propria.
Riguardo poi all'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 172 del Tuir al caso di fusione inversa, specifica l'Agenzia che esse non fanno alcun riferimento al “verso” della fusione, con la conseguenza che esse trovano applicazione anche nel caso di fusione inversa. Pertanto, le indicazioni del comma 5, che regolano la ricostituzione delle riserve dell’ “incorporata” vanno lette nella sua formulazione giuridico formale, senza “invertire” l’incorporante con l’incorporata. In definitiva, la riserva di rivalutazione di Alfa non scompare per effetto della fusione, ma resta pienamente in vita con il regime suo proprio. A scomparire, con gli effetti che ne derivano, saranno, invece, le riserve di Beta (incorporata).
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