Figli maggiorenni con grave disabilità: stesse tutele dei figli minori

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Figli maggiorenni con grave disabilità: stesse tutele dei figli minori

Ultima pronuncia della Corte di cassazione in tema di regolamentazione della crisi familiare in relazione ai figli maggiorenni portatori di handicap grave.

E' applicabile, al figlio maggiorenne con grave disabilità, l'art. 337 ter c.c. nella parte in cui attribuisce ai genitori il potere di spartirsi tra di loro, secondo la più conveniente regolamentazione, i compiti di accudimento e di soddisfazione delle primarie esigenze di vita del figlio al quale, anche dopo la rottura della convivenza coniugale, essi devono prestare cura e assistenza.

Se, infatti, va esclusa, in tali ipotesi, l'applicazione automatica e generalizzata delle norme sull'affidamento dei figli, è tuttavia possibile cogliere, nel disposto dell'articolo 337-septies, comma 2 c.c., l'intento del legislatore di creare una vera e propria figura protettiva dei figli maggiorenni portatori di grave disabilità ulteriore rispetto a quelle previste dalla legge.

La volontà, ossia, è quella di protrarre, anche dopo il compimento della maggiore età e per un tempo indeterminato, il dovere genitoriale di cura e accudimento del figlio la cui condizione fisica o psichica richieda un impegno in tal senso equiparabile a quello del genitore di figlio minore.

Rimangono efficaci, ciò detto, le disposizioni che consentono al giudice un intervento nell'ambito del conflitto familiare a tutela della prole maggiorenne portatrice di handicap grave, provvedendo in ordine alla disciplina dei tempi e delle modalità di frequentazione del genitore non convivente.

In definitiva, in tema di regolamentazione della crisi familiare in relazione ai figli maggiorenni portatori di handicap grave, trovano applicazione le disposizioni previste in favore dei figli minori in tema di visite, di cura e di mantenimento da parte dei genitori non conviventi e di assegnazione della casa coniugale, ma non anche quelle sull'affidamento, condiviso od esclusivo.

Questo, ai sensi della Legge n. 104/1992, in forza dell’art. 337 septies c.c. (già art. 155-quinquies c.c.).

E' quanto concluso dai giudici della Prima sezione civile della Cassazione, con ordinanza n. 2670 del 30 gennaio 2023.

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